giovedì 20 dicembre 2007

Take a Glimpse!

Gocce.
Scivolano sulle guance di lei e di lui.
Quando stai a quella distanza, non hai voce.
"Adesso mi bacia."
"Che faccio, la bacio?."
"Oddio... Questo momento non lo sentirò MAI più!"
E nessuno mai l'ha più sentito.
Gocce di pioggia su di noi...

venerdì 14 dicembre 2007

La battaglia di Susy. Presentazioni

"Ho detto falla finita!Se mi chiami così ancora una volta giuro che te le dò!!"
"Io però sono la sorella maggiore, quindi faccio come mi pare!"
"No! Smettila! Non lo sopporto più!"
"Susanna tutta panna, Susanna tutta panna, Sus-"
Ciaf!

Susy non è mai stata carina, da piccola, o almeno lo è stata solo nei suoi primi mesi di vita. Sua sorella Chiara aveva 5 anni quando Susy venne al mondo e s'era impuntata a volerle dare lei il nome. Così, come è evidente, Chiara l'aveva chiamata Susanna proprio per via di quella pubblicità vecchia che adesso non si vede più e che a lei da piccola piaceva tanto.
Mamma Rosa trovò il nome carino anche se evocava epoche andate; si fece convincere soprattutto per via di quella canzone d'amore, Suzanne ma, orgogliosa com'era, non avrebbe mai potuto usare un nome straniero.
Susy era cresciuta in fretta, combattendo a denti stretti con la sorella Chiara. Quando il periodo adolescenziale l'aveva colta come un raffreddore invernale, invevitabilmente, Susy aveva smesso di parlare con Chiara perchè lei ancora la prendeva in giro per via di quel nome incorniciato nella polvere del tempo.
A scuola nessuno osava chiamarla Susanna, lei subito s'era fatta rispettare, urlando contro qualche compagno di classe dispettoso.
Infondo Susy poteva andare, era anche simpatico, non bello certo, ma allegro. Dovette così accontentarsi.
Se il nome non era una bellezza, per lei, il suo aspetto fisico era un disastro. Susy era un maschiaccio, giocava a pallone con i compagni, ascoltava musica tosta e andava in giro con i jeans strappati. Al liceo, per via di quella massa di capelli rossi lunghi lunghi, tutti la scansavano. "Le rosce puzzano", la frase più tipica tra i luoghi comuni. Lei però, con serafica indifferenza, trascorse i suoi cinque anni a non dar retta a quei cretini dei suoi compagni. Mamma Rosa la confortava, "Be', le rosse sono poche in giro, e poi sai cos'altro si dice? Si dice che siano focose!" Ma Susy, che ancora non capiva certi meccanismi, aveva rinunciato quasi subito ad ascoltare Mamma Rosa, e invece la torturava anno dopo anno con musiche assordanti, poster di gente morta, come diceva la sorella, e vestiti che non erano vestiti ma stracci.
Susy s'era chiusa nel suo mondo, un'ostrica che non vuole uscire dal guscio. O forse una lupa che ringhiava dal profondo della tana.
A scuola era brava, forse la più brava e col tempo la gente attorno a lei cominciò a rispettarla e finalmente smisero di prenderla in giro.

Il suo primo ricordo di un mondo nuovo risaliva alla terza liceo, una festa a casa di qualcuno, un brindisi con la sangria, uno sguardo fugace e poi il primo, umido, orrendo e stranissimo bacio.
Già, perchè Susy nel frattempo, era diventata alcquanto interessante; non solo era carina, ma la sua intelligenza e i suoi interessi erano qualcosa che si percepiva da subito, qualcosa di profondo, che le apparteneva e che nessuno le avrebbe mai portato via.

"Si, capito?"
"Che stronza tua sorella! Ma adesso?"
"Cosa?"
"Ci parli o no' che fine ha fatto?"
"Quando chiama, sta a Parigi studia e lavora. Mi sa che s'è trovato un francesino. Poveraccio."
"Vabe', iinvece te che mi dici di Gegio?"
"Gegio? figurati, uno con un nome così non si può nemmeno guardare! E comunque non si può guardare!"
"Mm, si hai ragione. Allora Vale? Dai Vale è fico!"
"Valerio è un nome che non m'è mai piaciuto."
"Ma che significa!"
"Significa che è un pò come diceva Oscar Wilde. Hai presente?"
"No."
"Ma si, come in quel pezzo di teatro, L'importanza di chiamarsi Ernesto, dove due ragazzi fanno finta di chiamarsi così solo per piacere alle loro innamorate."
"Ma Ernesto come il Che?"
"No, Ernesto come in quest'opera teatrale! Il che mica c'era!"
"Ah. Però Ernesto fa schifo come nome."
"No, manco troppo. Ha un suono importante, e poi voi mettere, con Susanna ci calza a pennello!"
"Ma io non conosco nessuno che si chiama così."
"Allora?"
"Allora come fai a metterti con uno che si chiama Ernesto?"
"Il punto è proprio questo. E' un nome poco comune, quindi farò come le due sceme di Oscar Wilde."
"Oscar non è male!"
"Oscar era un genio."

Così Susy aveva preso, tempo prima, una decisione sancita e messa per scritto, almeno in via teorica, davanti alla sua amica storica, Bea, che sta per Beatrice.
Il tempo non ritorna, certe storie rimangono lontano, diventano ricordo, poi leggenda.
Ma Susy ora era cresciuta e quei capelli rosso fuoco ancora le cadevano sulle spalle, in un rotolio capriccioso di intelligenza e arguzia, profumo e mistero, un intrigo degno delle rose più spinose, un caos costruito su libri e silenzi, su graffianti acuti di chitarra e lunghe boccate di fumo; i capelli rosso fuoco erano ormai diventati del colore d'un tramonto sul tempo andato.

domenica 9 dicembre 2007

La Battaglia di Susy. Capitolo Uno

Lunedì mattina ore 9.30

L'aula era piena, come al solito la gente stava seduta per terra, i banchi e le sedie non bastavano.
Seduta in seconda fila, Susy sfogliava gli appunti distrattamente, mentre ascoltava Bea che raccontava qualcosa a proposito di un certo ragazzo con cui era uscita e con cui aveva avuto una quantomeno discutibile notte di sesso.
Susy, ogni volta che Bea o qualche amica raccontava cose del genere, si domandava come o quanto lavorassero di fantasia le menti di certa gente, perchè diciamocelo, la cosa sarebbe stata verosimile se Bea avesse avesse avuto 20 chili di meno e i capelli sistemati in un modo decente.
Mentre Bea imperversava sulle dimensioni del membro di quel misterioso ragazzo, Susy, con la coda dell'occhio, vide entrare Lui; goffo e sempre in ritardo, quasi buffo. Non capiva come certe persone potessero avere così poca cura di sè solo perchè si alzavano troppo presto la mattina. "In fondo" pensò tra sè mentre Bea continuava a parlare, "Non è neanche tanto male. Certo, se si curasse un pò di più e non dicesse tutte quelle cazzate in classe..."
Susy normalmente non l'avrebbe neanche notato, ma Alex per lei era diventato un mistero, un indovinello o una barzelletta raccontati male, ma pur sempre degni di attenzione. Da qualche tempo continuava a ritrovarselo ovunque e quella mattina si rese conto che doveva indagare. Un sorriso le scappò fugace mentre Alex si sedeva in fondo all'aula, vicino a un tipo grassoccio e unticcio; lei sapeva che non era lì per la lezione, sapeva che era lì per lei.
A Susy non erano mai piaciuti quei tipi che pensano di potersi permettere di dire cretinate cercando di rimanere allo stesso tempo dei fichi. Alex, poi, non era per niente fico.
L'aveva conosciuto tempo prima, non ricordava esattamente quando, ma si ricordava di una specie di scambio di idee molto acceso riguardo a Baudelaire e ai poeti moderni. Lei Baudelaire lo apprezzava, ma non poteva dire di amarlo. Alex, invece, sembrava adorarlo e quando aveva provato a fargli almeno allargare il suo punto di vista, le era sembrato che lui difendesse il caro Baudelaire come fosse un suo antenato.
Follie da intellettuali.
A ogni modo, dopo quel breve e strano incontro, Alex aveva cominciato a collezionare una serie di figuracce ogni volta che si ritrovavano nella stessa classe.E la cosa capitava ormai da troppo tempo. Bisognava rimediare.
Fare una buona azione e concedere una seconda possibilità a quel ragazzo carino dalle idee e dai modi bizzarri? Si, poteva essere un inizio per la sua indagine.
Qualcosa, tuttavia, la fece sentire diversa, qualcosa che, nel guardare quella maglietta dei Clash tutta consumata, ancora non capiva o che forse non aveva mai voluto ascoltare.
Così, decise che doveva conoscerlo meglio e che in fondo nonostante la mitica parentela con Baudelaire, in fondo Alex poteva non essere completamente pazzo o, più semplicemente, che quel ragazzo in verità era un mistero insolvibile che lei, invece, avrebbe risolto.
Una battaglia, insomma, dove sarebbero servite le armi migliori:
- un buon libro su Baudelaire,
- un nuovo profumo,
- sorriso ammaliante e una buona dose di sfaggiataggine e simpatia da unire a quel suo fare da stronza che sfoderava sempre in situazioni del genere.
Mentre si abbandonava a questi pensieri, sentendosi già incuriosita e senza capire perchè avesse deciso di fare quella cosa, dal fondo dell'aula Alex, con voce poco convinta ma udibile da tutti, se ne uscì proprio con una di quelle frasi idiote, che sì fecero ridere la classe, ma che non piacquero per niente alla Prof.ssa Magli, che invano tentava di riportare l'ordine e di cominciare a spiegare.
Ancora una volta Susy sorrise, si voltò senza farsi vedere e per il resto della lezione guardò il suo Alex che sprofondava in mondi lontani dove a lei, per ora, non era permesso entrare.
Ne era certa, ci sarebbe riuscita.

mercoledì 5 dicembre 2007

Le 1000 e 1 Notte

Lo so, lo so, ho scritto solo ieri...

Lo so, certo il contatore non è affidabilissimo... ma fo finta che vada bene e quindi festeggio le mie piccole 1000 visite!
E lo faccio allegando le chiavi di ricerca più curiose che mi sono capitate di leggere e con cui la gente è finita su questo blog!

Ottobre
-mi ha masturbato sul tram affollato
-scopate in palestra con mamma
-il culo di chicca
-foto e immagini di ciucci

Novembre
-gomma da masticare sui capelli come togliere
-la caramella che fa sparire il tasso alcolico

Dicembre
-chiappe sode
-come rimorchiare una barista

Care chiavi di ricerca.. grazie, mi avete fatto sorridere. :)
Agli altri che hanno cercato Romeo e Giulietta e qualsiasi possibile riferimento a Shakespeare non je dico niente, soprattutto a quello che cercava il CAPITOLO 2, e che non sa che non ci stanno capitoli perchè Romeo e Giulietta è un testo teatrale...quindi ci stanno gli Atti e le Scene...

Vabe', basta!
:)

martedì 4 dicembre 2007

Cellar Door n°7

C'è una cantina che non c'è più.
Sta al numero 7 di una via piccola, coi sampietrini che quando piove e hai le ciabatte da mare ci scivoli ma non ti sbucci le ginocchia.
Ma comunque ti ci fai male.
C'è una cantina che non c'è più.
Forse.
Sta nel giardino al numero 7 di una casa vecchia che adesso è nuova ma antica.
L'hanno ristrutturata e so venuti fuori tanti affreschi, visioni del passato che non si possono toccare.
C'è una cantina che non c'è più.
Sta vicino a un campo di bocce, arido, secco, circondato da un muro vecchio e da piante che tentano di sopravvivere. Il rullo, vero, pesante, fatto a mano e che a mano un signore alto alto e magro magro passa sopra la sabbia per appiattirla, il rullo è sabbia nel vento adesso.
Sabbia nel tempo.
C'è una cantina al numero 7.
Le porte sono grandi coi bordi rossi, di vernice staccata. A fianco ce ne sta un'altra, ma quella non c'ha niente di speciale.

C'è una cantina che non c'è più.
Sta al numero sette di una via piccola. Il portone ha il batacchio, come le case antiche. Se lo batti giù dalla strada, da dentro rimbomba fino al piano di sopra. Una mano s'allunga dalla finestra e butta la chiave.
In questa casa, dove le scale ci stanno, ma le sali e non le scendi perchè quando le scendi prendi la bici vecchia sgangherata, fai le scale, e poi esci e vai al mare, in questa casa ci battono cuori.
Quello del signore col rullo, alto alto e magro magro, un giorno è volato via, poesia al vento.
Quello della donna grassa grassa che sorride con fare furbetto, a un certo punto ha cominciato a non ricordarsi di chi era la casa, di chi era il cuore, ma ha battuto forte e pure tanto.
Ora ci stanno due cuori che sono uno e che canticchiano e sonnecchiano insieme a un'altro piccolo piccolo, che del mondo non ne sa niente.
Ma comunque tanti c'hanno battuto, e tutti, poi alla fine, so entrati in quella cantina coi bordi rossi e la vernice staccata.
C'è la finestra della cucina, che dà sulla porta della cantina.
Profumi escono da dentro, pasta fatta in casa, mattarello, farina e sudore, e d'inverno il fumo del camino.
C'è una scala che porta sù. Dalla terrazzina si vede la porta, sì, quella della cantina. Ma si vede pure il tetto. E' fatto strano, non me lo ricordo quasi più.

C'è una cantina che non c'è più.
Apri la porta e manda un'odore strano.
Quasi hai paura tra ragnatele, arnesi che non sai, e gabbie per conigli.
Ma la bici sta là, e la pompa per gonfiarla anche, e allora entri.
Sudi.
E' estate, è vero, ma tu sudi perchè hai paura.
La conosci a memoria ormai, ma c'è sempre un angolo a cui non t'avvicini perchè una volta, di notte, hai visto brillarci strani occhi.
Il gatto della vicina.

C'è una cantina che non c'è più.
E' un caos, delirio di rottami e polvere antica, un macello, un vero mistero.
Forse, il più bello.

lunedì 3 dicembre 2007

La Battaglia di Alex. Capitolo Cinque (Seconda Parte)

Sabato notte, un'ora imprecisata.

I titoli di coda scorrevano lenti sul piccolo televisore.
Qualcuno dormiva beato sdraiato a terra, sommerso da lattine di birra vuote, cuscini e cicche di sigaretta.
Linda e il Ghiro tentavano inutilmente di rimettere a posto lo schifo che l'allegra combriccola era stata capace di produrre in circa dodici ore di video-lobotomizzazione.
Bea, che s'era ripresa dalla sbronza, chiacchierava mentre cercava il cappotto di qualcuno che stava andando a casa.
O a fare colazione.
"Chi vuole i cornetti caldi?"
"Non so, fate voi!"
"Allora cornetti per tutti!"
Alex guardava Susy che dormiva appoggiata sulla sua spalla.
Improvvisamente s'era reso conto di quanto pesante fosse un corpo umano.
Poi, come un fulmine, tutto accadde velocemente.
"Alex... ho sonno."
"Lo vedo, bambolina."
"O vai a casa e ti prendi il tuo cappotto di là, oppure mi lasci dormire."
"Ok."
"Ok cosa?"
Lampo.
Poi tuono.
"Ti porto a dormire e vado a casa."
Susy aprì piano gli occhi addormentati di alchool.
"Tu sei tutto scemo!"
Con uno scatto felino, come un gatto spaventato da un forte rumore, Susy si alzò in piedi veloce e lo prese per mano.
"Il cappotto sta in camera mia. Te lo porto."
"Eh no, bambolina. Ho detto, ti porto a dormire e vado a casa. Quindi adesso ti porto a letto."
Lampo.
Poi tuono.

Susy era snella, minuta, ma non bassa. Pesava come può pesare un libro bello ma lungo e difficile.
Era un libro.
Era un dipinto di cui non sai i significati mistici che cerchi di trovare nell'ampiezza delle sale da esposizione.
Era un frutto esotico che vorresti assaggiare ma che non tocchi perchè poi sennò finisce subito.
Alex, nonostante la sbornia ancora in canna, la prese in braccio.
Lei rise.
Fresca.
Lampo.
Poi tuono.

La porta dell'ingresso era aperta mentre qualcuno portava fuori sacchi di spazzatura, faceva vento nella sala perchè la finestra era spalancata e una foglia secca era sgusciata dentro come un pensiero fugace.
Alex stava in piedi vicino al letto grande di Susy; lei apparentemente addormentata parlottava a occhi chiusi.
"Il cappotto sta là. Non lo so dove, ma c'è."
"Adesso lo cerco io, te dormi che è tardi."
"Non è tardi."
"Si. Saranno almeno le sei."
"Allora non è tardi. E' mattina presto."
"Punti di vista, comunque ho trovato il cappotto."
"Bene. Però adesso mi passi la coperta?"
"Non c'è."
"Si. Vedi nel cesto. Quello vicino la scrivania."
Quei cinque passi sarebbero stati mortali, Alex lo sapeva bene. Ma non c'era altro da fare. Erano i suoi cinque passi, come un cowboy che va a sfidare la morte.
Allungò la gamba e fece il primo, poi, a metà della stanza, il vento ululò sinistro nella sala e lui si voltò.
Una foglia scricchiolando era sgattaiolata dentro, poi SBAM!
La porta della stanza di Susy si chiuse forte.
Lampo.
E poi... Tuono.