martedì 21 aprile 2009

Saluti dal Mondo Sommerso...
Tre giorni fa, il 19 aprile, si è spento il grande James Graham Ballard (1930 -2009), autore de L'impero del sole, Crash, e tantissime altre opere che hanno cullato e
 incuriosito lettori e critica dai primi anni '60 a oggi, ispirando autori a noi più vicini come Palahniuk, per dirne uno.
Inutile dire quanto un autore del genere sia stato ed è importante per la letteratura inglese e non solo, volete notizie? Wikipedia ne è piena, ma vi consiglio di fare una puntatina anche sul bel sito del Times (il link lo trovate nella colonnina a destra, tra i siti) che dedica spazio all'autore inglese.
Quando se ne va un autore di questo genere, si tende a ricordarlo in molti modi, parlando della vita, delle opere, degli interessi eccetera. Mi sconcerta sempre quando sento che è morto un grande illuminato, come intendo spesso molti scrittori, perché ho sempre la sensazione che abbiamo tutti perso uno spicchio di quella grande torta che è la letteratura, di qualunque genere si parli. Certo, non si possono conoscere e apprezzare tutti gli autori esistenti o esistiti, ma va riconosciuto il fatto che quando ne muore uno che non solo conosci, ma apprezzi e, guarda il mio caso, stai anche leggendo, ti senti un pò più sfiorato dalla cosa, toccato in quel piccolo microcosmo che si stava creando tra la voce dello scrittore e la tua, magica alchimia del libro stampato.
Allora le parole suonano inutili, assumono forme strane rispetto all'immagine che ti eri fatto nella mente mentre le buttavi giù.

Ho iniziato a leggere Ballard nel 2007, dopo una bella chiacchierata con Roberto Recchioni in un autogrill, tornando da LuccaComics. Finalmente avevo cominciato qualcosa che volevo fare da tanto tempo, ma che non sempre si riesce a mettere in moto, che di libri ce ne sono tanti e a me non basterebbero nemmeno tre vite per leggere e capire, soprattutto capire, la maggior parte dei libri agognati ma finora non letti.
Ballard, in quel periodo, lo ritrovavo, come dicevo prima, in Palahniuk. Ma il caro P. ha saccheggiato tanto da questo autore che ora che non c'è più mi aspetto che due parole ce le spenda, perché se c'è uno che gli ha insegnato qualcosa, come sempre fanno i grandi con i piccoli e nuovi, è proprio il caro Ballard.
Come cominciare a leggere qualcosa di nuovo?
Semplice, dall'inizio.
E allora ecco che Il Mondo Sommerso, 1962, prese spazio nella mia libreria.
Ed ecco che magicamente s'aprì quella porta strana che dava sul mondo sommerso di Ballard.
Ma perchè non cominciare coi più conosciuti?
L'impero del sole, Crash e altri mi hanno tentato, è vero, ma sono del parere che un autore vada letto dai primordi, per assaporare meglio le idee, i cambiamenti, se ce ne sono, e tutte quelle sfaccettature che tra una parola e l'altra, tra un'immagine e l'altra cambiano e muovendosi prendono vita, contribuendo a formare un autore in tutta la sua grandezza.
Lo ricorderò così, con le sensazioni che mi ha dato fino a ora.

Disperso, agognante, un linguaggio secco e deciso, talvolta assopito nella calma della pagina, che ti scorre lenta tra le dita, sotto gli occhi, nei recessi della tua immaginazione.
Gli oggetti, i luoghi, i personaggi e le sensazioni prendono copro pian piano fino a coinvolgerti, ma sempre con un pizzico di distanza. La lontananza contrapposta all'avvicinarsi a un mondo ovattato, saturo di malessere ma allo stesso tempo di scoperta, quella individuale dei personaggi s'intende, contribuisce a fare della narrazione ballardiana qualcosa di altro. Come se l'autore volesse trasportarti altrove.
In questo Altrove, allora, ogni assurdità, come la definiremmo razionalmente, diventa possibile e, per questo, ancora più assurda.
Soffocante? Forse, ma quando volti l'ultima pagina, prendi un gran respiro e tutto, all'improvviso, ti sembra solo un gran viaggio lontano, da cui riporti sensazioni e annotazioni che ti mostrano l'uomo e il mondo intrecciati in una gabbia con molte porticine, chiuse, ma pur sempre presenti.

Non adoro Ballard, ma cazzo quant'era bravo! La mia, credo, è più una sorta di lucida ammirazione per un grande scrittore. Dico lucida perché l'adorazione, per me, non è lucida tanto quanto non lo è la passione. Perciò no, non lo adoro, ne è la mia passione, ma è straordinario e davvero un autore importante.
Non sono brava a descrivere cos'è questa cosa!
Non sono un critico, ma ragazzi...
Leggete Ballard, succhiatene tutto il midollo, perché che lo amiate o lo odiate, che l'adoriate o no, di autori così non ce ne sono tanti.

Saluti dal mondo sommerso.

venerdì 17 aprile 2009


There's only One Black Luna...

C'è poco da dire.
Grossa
Nera
Orecchie a punta
Due occhi profondi che ti ci perdevi dentro
Un cane straordinario.

Ora che non ci sei più ti ricorderò piccola, un puntolino peloso in un mare di fazzoletti bianchi.
Grande, mentre cerchi di mordere le onde del mare dove col cazzo che ti ci buttavi!
Felice, a scavare buche che sembravano crateri.
Euforica, mentre la battaglia in Pineta andava avanti e tu abbaiavi non si sa perché.
Sorniona, mentre ti godevi il sole sul terrazzo di camera mia.
Incazzata, quando non volevi tornare a casa perché d'estate la sera l'aria è più fresca.
Dolce, quando col musone pretendevi la carezza che mai ti è mancata e mai ti mancherà.
Di Luna ce n'è solo una.
Addio, sei stata mitica, super, fantastica, straodinaria...
Sei tu, il mio primo stramaledetto cane e cazzo, ti vorrò sempre un frack di bene!

A Luna!

Scol!

mercoledì 8 aprile 2009

Mary P. e il viale senza ciliegi. (Parte 4)

Oscuro tolse pian piano le mani dal viso per abituarsi alla luce accecante. Sfocato, vicino a lui, intravide SuperS.
"Dove cazzo siamo finiti?"
"Credo... credo che ha funzionato."
"Potevano evitare tutta sta luce, allora. Merda, non vedo niente."
"Sta zitto e seguimi. C'è una specie di sentiero."
SuperS avanzò verso l'ignoto, ma del resto, immersi in quella radura di luce e foglie non potevano far altro.
"Aspettami! Il dannato sentiero io non lo vedo... ah, merda la luce!"
"Benvenuti", disse una voce che sembrava provenire da tutto intorno.
Oscuro e SuperS si girarono e rivoltarono, poi la videro.
Una figura sottile, forse di donna, stava in piedi proprio davanti a loro. Era comparsa dal nulla e ora li fissava serafica.
"Chi sei?" azzardò SuperS.
"Sei un angelo?" Oscuro cercò di avvicinarsi per nascondere un vago timore.
La donna sorrise serafica, poi disse: "Sono End, e voi vi trovate ai confini del Regno. Io sono qui per accogliervi e condurvi al Principio. Seguitemi, Once vi aspetta già da un pò."
Oscuro e SuperS si guardarono increduli, poi, non appena si voltarono, videro che End era già un pezzo avanti così affettarono il passo e la seguirono.


*

La stanza sembrava ancora dormire silenziosa in una penombra calda e assopita, color tè depositato da tempo, misto al caldo croccante del sole trattenuto da tende scure. L'aria sapeva di caffè e latte evaporato in nuvole fumanti, mescolate a sprazzi di quell'odore indefinibile che hanno solo i bambini.
Almeno fino a una certa età.
Once era sveglio già da un pezzo ma in fondo, per lui, il Tempo non era una questione di cui preoccuparsi.

Era più un amico di cui si beffava con uno sguardo sornione e un'irriverenza data dall'età; giovane o vecchio che fosse, Once restava in ogni sua inesistente fibra quello che comunemente si definisce indefinibile, entità pura, energia pura, e molte altro ancora.
Once era il Tempo.
Certo.
Ma solo in parte.
Il suo mondo era parte di lui, come se fosse il Signore dei Sogni, re di un regno tutto a sé, distante dalla realtà eppure così pervaso da essa. Once era guardiano dei mondi creati dalla fantasia umana, ne conservava i segreti, le magie, le mistiche energie che lo governavano.
Nessuno sa dire quando è comparso, da dove è arrivato, semplicemente lui c'è sempre stato, nella sua torre di pietre, a vagare di storia in storia, di secolo in secolo. Non si sa nemmeno se prima di lui sia esistito qualcun'altro, ma sono in molti a credere che Once abbia la strana tendenza a mutare forma. Talvolta qualcuno l'ha descritto come un ragazzetto vispo e curioso, qualcun altro come un vecchio piegato dal tempo; tutto questo aveva pian piano dato vita a molte altre storie nella storia, generando stralci narrativi nel mondo fantastico che di tanto in tanto avevano sfiorato il mondo reale dell'uomo, spingendo qualcuno a crederci davvero.
Ma questa è la solita, proverbiale, altra storia.

"Signore, è svelgio?"
Una figura minuta e incerta scivolò silenziosa nella stanza in penombra, in mano reggeva un vassoio tintinnante.
"Pit, sei tu?" chiese Once dal profondo della stanza.
"Sì, signore".
"Quante volte devo dirtelo di non chiamarmi così! Avanti, entra ".
"Signore, le ho portato da mangiare".
"Oggi no, non vedi in che condizioni sono?", sbuffò Once, con un accenno di tosse catarrosa.
"Be', io glielo lascio qui".
Incipit fece per andar via, ma poi girò i tacchi, come attratto da una mistica calamita.
"Signore?"
"Che c'è?"
"End non è ancora tornata. Crede... Crede... Mmm..."
"Siamo alle solite..."
"Come dice?"
"Siamo alle solite, Pit! Non sai mai come andare avanti e poi tra un minuto comincerai a balbettare e a farneticare le solite frasi, quelle più famose e così via, finché non mi toccherà alzarmi dalla mia poltrona... e sai che odio alzarmi dalla mia poltrona!"
Incipit prese coraggio e con ancora un pò di esitazione provò ad andare avanti.
"Crede che ci siano stati dei problemi?"
"Con End?"
"Sì. Be', sa... in fondo non sappiamo nulla di quei due. E poi, la conosce com'è fatta End".
"Pit, io so esattamente come sono quei due. E credimi, End la conosco ancor più di quanto tu creda".
"Allora non farà niente?"
"Non serve. So che stanno arrivando. Lo so per certo".

Once guardò il suo riflesso sfumato in un angolo del vetro della finestra coperta quasi per intero dalla tenda scura.
Avvertendo il crescere della solita sensazione che di solito provava in quei momenti, Once ghignò compiaciuto pensando che ormai mancava poco; l'adrenalina avrebbe raggiunto il suo apice, salendo lenta ma inesorabile lungo ogni fibra del suo corpo di vecchio, e l'avrebbe trasformato ancora e ancora.
Già, un'altra storia stava per essere scritta.
*
Oscuro e SuperS camminavano fianco a fianco, la loro eterea guida li precedeva di pochi passi.
"Allora, che ne pensi?".
"Non so, mi sembra apposto".
"SuperCoso, non prendermi in giro! Usa quelle tue diavolerie e dimmi dove cavolo ci troviamo, non ne posso più di questo paesaggio!"
SuperS rallentò il passo, si guardò in torno e rimase perplesso.
Il sentiero passava in una specie di bosco, ma non il solito bosco. Qui tutto sembrava brillare di luce propria anche se, in effetti, il sole era là da qualche parte trattenuto dalle foglie di alberi immensi. Le piante sembravano muoversi, respirare, qualcuno pareva persino parlare e, guardando con più attenzione, si potevano scorgere qui e lì visi nascosti nel legno di grossi alberi.

"I miei poteri non mi aiutano".
"Ti pareva. Mi spieghi come fai a stare tranquillo, allora?"
"Be', abbiamo sempre il sentiero. Se dobbiamo tornare nel... Ehm... Nel nostro mondo, basta che alziamo i tacchi e facciamo dietro front," SuperS sembrava convinto, ma Oscuro era ancora più scettico del solito.
"Che razza di mondo è? No dico, sembra di stare a Fangorn..."
"Dove?"
"Fangorn!! Non hai letto Il Signore degli Anelli!?!" Oscuro sembrava alquanto sconcertato di fronte alla notizia.
"Ehm... Intendi quel librone enorme, quello che hai sulla scrivania da, tipo, sempre? No, non l'ho letto".
"Ehi, e tu che ne sai della mia scrivania?"
"Dici che mi piacerebbe? No perché è piuttosto lungo e sai, be'... Non ho molto tempo per leggere, tra salvare vite umane e bloccare straripamenti di dighe, c'è anche il lavoro sporco..."
"Sei entrato in casa mia? Stai cercando di dirmi questo? Complimenti, hai scelto davvero un bel momento!"
"...Il fatto è che non mi piace cominciare un libro senza essere sicuro che lo finirò, odio lasciarli a metà".
"Cristo ma vuoi ascoltarmi!!"
"Scusa... ehm, dicevi?"
"Ah, lascia stare. Comunque non lo finiresti mai, anzi, conoscendoti forse nemmeno ti piace".
"Be', ehm... so che è un libro famoso, e-"
"Oh, al diavolo!La Foresta di Fangorn è un posto inquietante e le piante ricordano queste qui, bello mio. Sembrano vive, insomma".
"Questa non è una foresta...E tu hai cambiato argomento"
"Il punto è che di diverso qui è tutto stranamente luminoso, sembra di stare in una favoletta per mocciose... E poi non ho cambiato argomento, parliamo di Fangor! Quindi non ho cambiato argomento!"
"Già, ma comunque questa non è una foresta... E poi dove si trova questa Fangorn che dici? Che c'entra il libro di prima?".
"Cosa?"
"Dicevo solo che questa non è una foresta".
"Fa lo stesso".
"Ma bosco e foresta non sono due cose diverse?"
"Dacci un taglio".
Oscuro affrettò il passo cercando di raggiungere End, qualche metro più avanti.
"Siamo quasi arrivati. Vedo la punta della Torre. Ecco, la vedi?"
End indicò a Oscuro un puntolino più scuro al di sopra di qualche albero basso che, a vederlo, sembrava far parte di una piccola radura a qualche minuto di cammino avanti a loro.
C'erano quasi.
Non riusciva a crederci. Avevano tribolato parecchio per arrivare fino a lì, e ora che c'erano, si rese improvvisamente conto che in fondo non avevano fatto un granché, che questo era niente rispetto all'ignoto che li attendeva a braccia aperte proprio là, in quel... in quella... Be', ovunque si trovassero ormai non aveva molta importanza. La Fangor al contrario, come prese a chiamarla tra sé e sé, era straordinaria e inquietante allo stesso tempo, una Shangri-là ai confini della percezione.

Una mezzora dopo, un piccola radura si fece spazio tra le fronde pressate degli alberi.
Al centro, una torre in pietra svettava silenziosa e traballante, schiaffeggiata dal vento e scaldata dal sole che riversava oro liquido su tutta la struttura.

"Siamo arrivati?"
"Siete arrivati".
"E ora?"
"Non so, io sono End, il mio compito termina qui".
"Ma com- Che dici? Devi portarci da Once".
"Once vi attende, siete giunti".
"Allora è qui che sta?"
"Once è ovunque".
"Allora cosa cavolo abbiamo camminato a fare fino a qui? Eh?!"
"..."
"Non fare la furba e dicci che dobbiamo fare".
"Siete venuti per Once. Andate da lui, vi aspetta".
"Come fa a sapere che siamo qui? E tu come facevi?"
"Io sono End. I confini del Regno sono il mio territorio".
Ci fu un attimo di silenzio, End fluttuava leggiadra, come fosse di carta velina, davanti ai due avventurieri, i mantelli ridotti in brandelli dalle spine delle piante.
"Merda, questa cosa finirà male, me lo sento," Oscuro era preoccupato.
"Sei cieco, viandante. Non vedi la fine e non la vedrai mai, se continui sui tuoi passi," End si avvicinò a Oscuro con un fruscio accattivante e voce di sfida.
"Ah sì? Hai sentito SuperCoso? Dice che non finirà mai..."
"Be', se lo dice lei... direi che possiamo fidarci".
"Ah, giusto..."
"Ma a noi comunque interessa Once. End, sai dirci come entrare?", SuperS indicò la torre, senza porte e finestre, che sembrava fissarli beffarda.
"La casa è piena di infiniti passaggi, ma userete Il Passaggio. Seguitemi".
Oscuro e SuperS si guardarono perplessi, ma confidenti che quella follia sarebbe finita presto.
End s'avvicinò alla torre e come per incanto comparve... Un armadio.
Esatto, un armadio.
Grande, di legno intagliato e con i pomelli delle ante di ottone.
Oscuro e SuperS fecero appena in tempo a voltarsi che End era già scomparsa e al suo posto c'erano una vecchia raggrinzita a cavallo di un leone malandato.
"Chi siete? Dov'è End".
"Ci avete messo troppo, ora dovremo correre. Andiamo".
L'anziana donna aveva il volto coperto, i capelli grigi le ricadevano da sotto un vecchio cappello che aveva ormai perso la punta, ma la voce... La voce Oscuro e SuperS non l'avrebbero mai più dimenticata; armonie di esotico miste all'allegro scroscio dell'acqua di fiume.
Oscuro si stava perdendo in fantasie lontane quando il leone emise un ruggito che lo riportò indietro.
"Sentito la signora? L'ora è tarda, bisogna andare".
Oscuro e SuperS capirono che non c'era altro da fare, niente da chiedere. Accettarono il destino che li attendeva, e , per la prima volta da quando tutto era cominciato, si sentiro anche loro un pò più eroi.
Ma non il tipo di eroe a cui erano abituati.
Ora erano quel genere di eroe che allunga una mano, tocca il gelido metallo e gira il pomello di un armadio comparso dal nulla sulla parete di una torre senza finestre.
"Rock and Roll, baby!" disse Oscuro strizzando l'occhiolino a SuperS mentre entrava nel buio dell'armadio, verso l'ignoto.