domenica 27 giugno 2010

Renfield is my best friend! 2 NDT!!

Forse, più che una Nota del Traduttore, questo è un commento, comunque, spero possa essere interessante.

Buona lettura e mi raccomando, occhio a quando uscirà questo libro perché merita!

NDT?

Da sempre, e per qualche strana ragione, molti di noi restano affascinati dall’horror; una reazione del genere apparentemente può sembrare curiosa, quasi buffa, se ci si ferma un istante a riflettere sui motivi. In seconda battuta, però, sembra piuttosto naturale se si pensa all’horror – sia esso rappresentato in un libro o in un film e via dicendo – come a un veicolo per esorcizzare il Male, le paure che ci circondano e che nascono nuove e diversificate ogni giorno in tutto il mondo.

È naturale, perché l’uomo da sempre cerca e trova mezzi attraverso cui andare avanti, strumenti e veicoli che gli permettano di convivere col reale quand’esso non trova una spiegazione razionale o immediata.

Tim Lucas, esperto in materia, ha voluto regalare al lettore un testo aperto a molte letture, ricco di temi e di sentimento, un momento di riflessione sull’individuo.

The Book of Renfield: a Gospel of Dracula non è un libro dell’orrore, né tantomeno un libro sui vampiri: Il Libro di Renfield è il Vangelo secondo Dracula, come suggerito dall’autore nel sottotitolo. Affrontare la traduzione di questo testo è stato molto impegnativo perché vanno fatti i conti con tanti fattori. Per prima cosa analizziamo il titolo.

La scelta di lasciare Il Libro di Renfield anziché Il Diario, ad esempio, è significativa. Il testo è suddiviso in due parti e nella Coda finale; ognuno di questi tre elementi riporta delle citazioni di natura biblica, caratteristica che ritroviamo un po’ in tutto il testo e che è in stretta relazione con la storia narrata da Renfield stesso. Dunque, Il Libro di Renfield è un po’ come Il Libro della Rivelazione e la traduzione ammicca volutamente in quella direzione, che è sembrata essere in molti casi anche un’importante chiave di lettura. Inoltre, pensando al sottotitolo, è Renfield stesso a definirsi “Vangelo”, in un piccante scambio di battute col dottor Seward.

Questa caratteristica, per così dire “religiosa”, la ritroviamo anche quando traduciamo Lord and Master – appellativi che Renfield usa quando allude a Dracula – con Padrone e Maestro e con Signore e Padrone o Signore e Maestro. La prima coppia viene attribuita quasi sempre a Renfield, che parlando con Seward cerca in ogni modo di nascondere la vera natura di questo Lord, facendogli credere di riferirsi a Dio. In italiano la dualità di significato del termine lord è stata diversificata in base ai personaggi che utilizzano questa parola. L’ambiguità e la difficoltà di questa scelta è data anche dalle varie citazioni bibliche che, come accennavamo, compaio qua e là nella narrazione. Renfield, cresciuto in una canonica, sembra conoscere bene le Sacre Scritture anche se spesso storpia le citazioni, rendendo il lavoro di riconoscimento e di inserimento della traduzione talvolta difficile; l’uso che fa del termine lord è ambiguo anche alla luce della storia della sua vita, ma di certo non è mai casuale ed è, allo stesso tempo, ben distinto dall’uso che ne fa, ad esempio, il dottor Seward.

Tim Lucas, attraverso Renfield, cita anche testi come Vanity Fair, Tristram Shandy, brani tratti dalle Lyrical Ballads di Wordsworth, o frasi rubate a Shakespeare, arricchendo la narrazione con piccoli particolari che contribuiscono a caratterizzare l’atmosfera e a definire un’epoca.

A proposito di atmosfera e di epoca, non si può definire Il Libro di Renfield un romanzo vittoriano, ma l’ambientazione, quando compare carica di aggettivi, particolari e luoghi, si trascina dietro tutto il fascino e le atmosfere di quell’epoca, di quei romanzi che occupano una parte tanto importante nella letteratura inglese. Tradurre elementi di questo tipo è stata una scommessa, perché ogni piccola parola, ogni aggettivo contribuiva a dipingere un’immagine importante perché parte della cornice in cui si inserisce la storia di Lucas.

Tra i tanti, gli aggettivi che caratterizzano maggiormente il romanzo sono quelli riferiti ai colori. La notte, con le sue sfumature di blu scuro e nero, ha un peso determinante per Renfield e sembra avvolgere anche il lettore, trascinato nel turbinio di notti di luna piena, vortici di pipistrelli e stelle luccicanti, in un quadro che ha talvolta del poetico, dell’inquietante e del surreale assieme. Ed è forse questa una delle caratteristiche più belle dello stile di Lucas.

L’autore, infatti, fa un’operazione incredibile, inserendo brani da Dracula, approfondendo personaggi già esistenti, costruendo ambientazioni e situazioni che in tutto e per tutto omaggiano Bram Stoker. Le citazioni – evidenziate per scelta di Tim Lucas in grassetto – sono state ritradotte, tenendo presente come riferimento la traduzione italiana di Paola Faini[1]. La scelta è stata presa di comune accordo con l’editore – Gargoyle Books – e, per quanto sia stato impegnativo e difficile affrontare in parte il romanzo di Stoker, mi ha dato la possibilità di confrontarmi con uno grande classico. L’inserimento di questi brani originali, tuttavia, è stato semplice perché Lucas è riuscito a mantenersi in linea con lo stile di Stoker, inserendo in modo intelligente il suo stile personale.

L’operazione fatta da questo autore è sicuramente interessante perché non si limita alla citazione grezza dei brani, ma sceglie di ricalcare le orme di Bram Stoker anche nella struttura del suo romanzo e nelle caratteristiche che l’hanno reso tanto celebre. Ritroviamo, infatti, l’uso delle pagine di diario e delle datazioni che da sempre distinguono Dracula; c’è poi una grande attenzione ai dettagli, anche i più piccoli, che ricorda tantissimo lo stile di Stoker e che rende densa la narrazione. L’uso del dettaglio gioca un ruolo importantissimo: tramite le descrizioni minuziose, infatti, Lucas riesce di pagina in pagina a delineare un profilo psicologico di Renfield davvero profondo e sfaccettato, dando a quello che era solo un personaggio secondario uno spazio proprio. Tradurre questi elementi, dunque, non è solo un esercizio linguistico, che ci porta a scegliere termini ricorrenti che fungono da base solida agli altri, ma si è dovuto fare un vero e proprio lavoro di analisi sui toni, i modi e la “filosofia” del protagonista del romanzo. Altro elemento interessante e di rilievo per la traduzione è la scelta di non mostrare mai il Conte – un po’ come accade in Stoker – ; questo fattore porta la traduzione a distendersi e ad ampliarsi nella scelta di termini ricorrenti ma sempre molto vari. Tutto sembra scandito da parole chiave, momenti che si rivelano topici per il protagonista e che puntano dritto alla fantasia del lettore che finirà inevitabilmente per stare dalla parte di quello che, tutto sommato, è solo un folle rinchiuso in un manicomio.

Ed è proprio al lettore che si è pensato quando, d’accordo con l’editore, sono state inserite delle brevi note. L’uso che se ne è fatto, comunque, è stato limitato, per non appesantire la lettura; la scelta si è rivelata utile perché ci ha dato la possibilità di aiutare il lettore laddove il testo di Tim Lucas si rivelava meno comprensibile per un pubblico italiano.

Il lavoro svolto è stato di certo molto impegnativo e serio, non solo per le caratteristiche talvolta delicate del romanzo, ma anche per la scelta dei termini, che in un testo del genere sono fondamentali per rendere certe atmosfere e trasmetterle al lettore senza rischiare di appesantire la lettura.

Nella traduzione, ho cercato di tener conto di tutti questi fattori, provando a trasmettere sensazioni, spazi e atmosfere per come le ha immaginate l’autore.


[1] Dracula, Bram Stoker, Newton Compton, Roma 2009, Introduzione di Riccardo Reim, cura e traduzione di Paola Faini. Edizione integrale.

2 commenti:

Riccardo Torti ha detto...

Brava!
Complimenti!

Che poi io lo legga o meno è un altra storia! Ma nel frattempo mi ritengo molto orgoglioso di te :)

Ele ha detto...

Grazie!
Tu lo sai, non è stato facile e di certo non sarà perfetto, ma sono orgogliosa anche io.