giovedì 9 febbraio 2012


abbracciami,
stenditi su di me e baciami alle porte della notte
prendi l'attimo di stelle sulle nostre teste
fanne un sospiro e cospargine il mio corpo.

- perdo cognizione del tempo
distratta dal tuo ritmico respiro
dal tocco liscio dei tuoi fianchi -

mordi la luna,
e scaccia il sole.
fa che questa notte non finisca
che non sia già mattino,
quando di te resterà solo un soffio,
profumo sul cuscino.

- e sono pulsazioni
fremiti
battiti
denti
e ti morderò
ti mangerò l'anima -

gli amanti si stringono
in piccoli spazi, silenziosi
come gatti
sono fuochi nel buio
palpitanti scie,
meteore splendenti -

sabato 4 febbraio 2012

Cronache di una notte emersa...

Cose che vanno, cose che vengono.
Parte tutto da qui. Il resto sono tentativi, cambiamenti, ripensamenti, cose che si arrotolano su se stesse e mutano forma man mano che la via ti scorre sotto i piedi.
Un amico mi ha detto: La poesia mi mette in difficoltà, non so se la capisco, con la prosa, invece, non ho problemi.
La prosa.
La poesia.
Sono coperte, sciarpe di parole che ci avvolgiamo addosso senza un vero motivo preciso, forse solo col bisogno di... puntini di sospensione voluti, perché ognuno ha il suo.
Gioco con le parole da quando ho capito che potevo farlo, non c'è una data precisa e forse, a dirla tutta, non so nemmeno farlo veramente, ma non ha troppa importanza. Quello che mi interessa non è la perfezione, che comunque non esiste, quello che mi incuriosisce di questo gioco di rimandi, fatto di mutevoli sensazioni, musiche colori, è la connessione che si stabilisce tra vari piani, con la fantastica possibilità di non escluderne nessuno e di non escludere nessuna persona, regalando a chiunque lo voglia la condizione di poter percepire cose.
Ecco che divago... non so scrivere la poesia in prosa, caro amico! Ma voglio provarci e allora mi regalo questa cronaca di una notte emersa, dai versi slegati, dalle rime accantonate con forza, da quella parte di me che pulsa lì, tra una metafora e un versetto.


Guardavo la notte scivolare sotto le ruote della macchina con la mente fissa su un pensiero, che la strada sembrava un lento scorrere del tempo, un attraversare la mia mente fino ad arrivare alla consapevolezza che stavo pensando, che la mia mente stava formando immagini per comunicare.
Le macchine, i motorini, le vetrine dei negozi chiusi, le finestre accapannate, tutto sembrava potenzialmente far parte di un altro universo perché in quel momento io vagavo altrove e avevo raggiunto il centro del mio caos personale.
Visi, amici, persone incontrate in un istante. Cosa stava pensando il mio universo mentale?
La notte mi sembrava un mondo a parte, un piccolo microcosmo bloccato per un secondo nel tempo. Ecco, che strano concetto quello di associare a un frammento di tempo un'immagine, un'idea.
Quella notte, quella strada e un viso, non ha importanza quale, di chi, erano calore, viaggio, passione. Cose che vanno, cose che vengono. Immagini che emergono dalla mente.
E finalmente, mentre mi trovavo a percorrere le strade buie della città con la musica a farmi compagnia e la voglia di infilarmi sotto le coperte, arrivò una sensazione definita di apertura. Mi capita quando un'idea pian piano prende corpo laggiù da qualche parte nella mia biblioteca mentale. E' una sensazione strana, non si può definirla facilmente, ma era vera quanto il freddo pungente sulle guance.
La notte, la strada, il viso.
Calore, viaggio, passione.
Freddo e realtà.
"Quali connessioni ci sono tra queste cose? Perché le sto pensando?" mi domandai.
All'improvviso, parcheggiata l'auto e imboccata la via di casa verso il portone, mi accorsi anche del silenzio. Adesso era lui la colonna sonora del mio camminare verso le idee. Buffo, poi, come uno le sviluppi quasi sempre in momenti di solitudine.
Freddo e realtà, solitudine. Non è corretto, qualcosa non va in queste associazioni. Ma il bello è che si erano formate da sole. Descrivevano l'attimo e afferrarle era irresistibile.
Mi resi conto che pian piano stavo già tracciando un sentiero o, forse, che lo stavo percorrendo subito dopo averlo scoperto per caso.
L'inatteso era un'altra delle cose che bilanciavano l'equazione parole-sensazioni-immagini-emozioni. Raccolsi anche quella.
Il movente era semplice, la mia mente aveva deciso che quella notte voleva dirmi qualcosa, che voleva farmi riflettere. Su di me, probabilmente, come fosse essa stessa una creatura indipendente. "Fico", pensai, e mi lasciai portare per mano fino a immergermi in quello strano mondo di forme esotiche del ragionamento.
Mi ritrovai sommersa, boccheggiante, in debito d'ossigeno. Dovevo scartare qualcosa, per venirne a capo. Sembrava d'aver davanti un puzzle o un rompicapo che solo io potevo sciogliere. Ma, mi chiesi, una volta risolta la questione cosa ne avrei fatto?
Mi è sempre piaciuto scrivere, e in questi momenti è quasi una cosa istintiva, normale formalità, una sorta di Pensatoio alla Silente dove scaricarmi dei molti pensieri per lasciare spazio a quelli nuovi. Ma non solo. Se avessi scritto per me stessa e basta, non avrei usato le parole nel modo giusto, sarebbero rimaste lì, inutilizzate dagli altri.
Ma le parole generano immagini e viceversa, l'idea di far giocare gli altri con le mie parole e le rispettive immagini e sensazioni a esse associate era qualcosa di estremamente curioso.
Poetessa per caso, ecco cos'ero. Cosa sono... Vabbe', cosa vorrei essere.
L'ultima sigaretta prima di andare a letto, prima della tazza di tè caldo.
Riordinare le cose, scaricarle sulla carta-pensatoio e dormire più leggeri, in attesa di nuove cose.
Cose che vanno, cose che vengono.
Mi fu impossibile farne una storia, così, da quella notte emersi con questa cosa...

Stando buia e silenziosa
cala la notte suadente
il ricordo d'un volto
- intreccio di sguardi -
freddo tra le mani,
il mondo tutto intorno...
pensieri slegati
mi portano sul sentiero
dove tu mi appari,
misterioso
ma vero.
- ed emergo,
corpo nel silenzio,
e respiro a fondo,
assaporo pensieri
e gioco nell'alba di un nuovo giorno -