martedì 28 dicembre 2010

Verso un nuovo anno...

Non si sa mai bene cosa ci si deve aspettare la notte tra il 31 e l'1... l'anno nuovo è una creatura bislacca, un bimbo che ancora non ha un volto definito ma che ci mette un attimo a crescere.
Dunque, con la stessa incertezza, faccio un piccolo annuncio, queste alcune delle uscite Planeta per il 2011... rimanendo tra quelle che sono le mie traduzioni! Appena saprò con più precisione, scriverò anche le date.

Buona lettura!




PS (Se comprerete o avete comprato House of Mystery volume 5 e vi prende lo sghiribizzo di vedere chi ha fatto la traduzione ebbene quella Elena Secchini sono io... ahimè hanno sbagliato il cognome... spero comunque che il lavoro finale sia per voi buono!)

mercoledì 8 dicembre 2010

I want you!

Sono lieta di annunciare l'uscita di questo splendido fumetto.
Uncle Sam, candidato agli Eisner Award, è la storia commovente di un'icona americana malandata, scritta dal premiato autore Steve Darnall (Empty Love Stories) e con le appassionanti e sensazionali immagini che i lettori si aspettavano da Alex Ross, acclamato artista di Kingdom Come e I Migliori Super-Eroi del Mondo.*

Provo un piacere particolare, perché questo fumetto ha segnato una nuova pagina nel mio campo lavorativo, è con lui che sono tornata a calcare la strada della traduzione di fumetti dopo un triste e lungo stop. Ma il piacere non è legato solo a questo fatto, puramente personale. Ho scoperto un grande disegnatore, e una storia che merita e fa riflettere.

Tutti conosciamo lo Zio Sam, ma forse non sappiamo molto della sua "storia" nell'arco del tempo. Sfogliando queste meravigliose pagine potrete scoprire qualcosa in più, proprio come è successo a me nel tradurlo. E' una storia appassionante, merita di essere letta con attenzione perché se lo Zio Sam è forse una delle icone americane più note, amate e "vecchie", ma per certi versi è ancora incredibilmente attuale. In questa storia Darnall tocca tante tematiche, tanti punti "oscuri" della storia americana. Andiamo dalla corruzione politica, alla tragedia degli indiani, alle guerre e via dicendo. Un paese che ha affrontato e continua ad affrontare molte contraddizioni. La cosa che stupisce è come queste tematiche, all'apparenza puramente americane, facciano invece parte della società mondiale, di tutti noi, insomma. Fa riflettere quando leggi e vedi un politico insultare gli elettori festanti sotto il palco, talmente assuefatti da non capire, da non rendersi conto, fa riflettere quando è l'essenza stessa di un paese, incarnato in Uncle Sam, a domandarsi se i cittadini, il popolo, in fondo non sia stato tradito dalla nazione. Un carosello di immagini e pensieri, un tuffo nella storia, appassionante, tenero ma insieme molto forte.
Da tenere negli scaffali!!! Potete trovarlo in fumetteria a partire dal 10 dicembre!


La casa del mistero...

Cambiamo totalmente genere!
House of Mystery, volume 5 "Gestione", disponibile in fumetteria dal 23 dicembre.

Non leggevo House of Mystery, lo confesso. Mi intrigava ma ehi, non si può leggere tutto... :D E invece ho tradotto questo bellissimo volume e mi ha letteralmente catturata.
Non sto a raccontarvi nulla, l'idea, per chi lo legge, la conoscete già, e se parlassi di questo volume in particolare vi rovinerei la sorpresa.
Tradurlo è stato divertente e stimolante, come sempre!!!
Allora se amate le stranezze, i personaggi talvolta inquietanti e queste atmosfere correte a comprarlo!




Tipi tosti!

E per la serie La Notte più Profonda ecco la Doom Patrol in tutto il suo splendore!!!
In fumetteria dal 10 dicembre.
Non mancate gente, che questi tipacci sono davvero davvero tosti e ve ne faranno vedere delle belle!!!


Buona lettura!



PS(Per ogni approfondimento potete cercare sul sito della Planeta DeAgostini. Traduzioni Elena Cecchini, Service italiano: BaoPublishing, Distribuzione: Alastor.)



*La seguente dicitura è stata ripresa dal sito della Planeta DeAgostini.

giovedì 4 novembre 2010


Lucca Comics & Games 2010

E' sempre bello andare a Lucca, la gente, i fumetti, le chiacchiere i cosplayer e tante tante altre cose colorano la città di divertimento e voglia di fare.
Sì, c'è gente che ne ha da vendere, di questa voglia, e spesso diventa contagiosa!

E' stato bello ritrovare amici, conoscerne di nuovi e nonostante il diluvio di due giorni, che quest'anno ha fatto impallidire sul serio la splendida Lucca dello scorso anno, siamo tutti usciti sani e salvi, con le tasche vuote, le borse piene di fumetti e disegni e i sorrisi larghi, soprattutto quello di Riccardo Torti, di Mauro Uzzeo (esageratamente il suo), di Roberto Recchioni e dei molti amici e fan che hanno ritrovato un vecchio amico, John Doe. Voglia di fare, voglia di lottare!

Allo stand Aurea c'è stato un mare di gente e vedere persone ringraziare gli autori per aver dato nuova voce a un personaggio così amato è stato bello per me che non c'entro proprio nulla e sono solo una lettrice, figuriamoci per chi su John ci lavora, ci suda e magari ogni tanto non ci dorme la notte. Allora, nel mio piccolo, ringrazio chi fa di questa fiera un momento divertente e chiassoso di incontro, di scoperta, di rispetto per ogni addetto al settore e, soprattutto, chi pensa ai lettori, che ci sono e sempre ci saranno!
Allora grazie a tutti, e se avete voglia QUI trovate qualche foto.

PS(Se vi state chiedendo cosa siano questi strani pistoloni giocattolo che di tanto in tanto compaiono negli scatti o, se ci siete stati, che avete intravisto in giro per Lucca, allora vuol dire che dovete leggere più attentamente e farvi prendere dalla mania delle Nerf!

Buon proseguimento

martedì 19 ottobre 2010

Nerf War...

Ecco che compare il primo videuzzo sulle prime schermaglie con le Nerf!
Grazie a Mauro Uzzeo che l'ha realizzato e a tutti i partecipanti!!!

Enjoy!

sabato 16 ottobre 2010

Nuvolette...

Girando su FacciaLibro mi sono ritrovata invitata a questo corso per editoria e traduzione del fumetto.
Ora, con davvero tutta l'umiltà del caso, io ci lavoro già in questo settore.
Mi piace e mi piacerebbe saperne sempre di più. Che poi se sei un traduttore o un aspirante tale è tutto normale, visto che a tradurre "cose" non finisci mai di scoprire "cose".

Così incuriosita dall'invito e riconoscendo qualche nome noto tra i docenti - Andrea Plazzi, Leonardo Rizzi, Marco Ficarra e i molti altri - sono andata sognante a fare un giro sul sito, QUESTO.
Insegnare a tradurre, in generale, non è cosa da poco. Bisogna avere passione e il "tocco magico". Sì, è così... i traduttori hanno una sensibilità particolare, spesso fastidiosa per la gente che li circonda e hanno un livello di sopportazione alla solitudine strano. Fondamentalmente puoi studiare una vita e rimanere una capra, distaccato, oppure puoi fare la spugna e scoprire scoprire, poi c'è quello/a che ha un qualcosa in più e, a parer mio, è il traduttore che soffre più di tutti.
Tradurre i fumetti è qualcosa di diverso, ma lo si fa da un bel po' di anni in Italia; per questo credo che questo e altri corsi simili, mirati a questo particolare settore della traduzione letteraria, siano davvero utili, coinvolgenti. Io non ho avuto mai la fortuna di poterne seguire uno, ho imparato alla vecchia maniera, sbagliando, e sto ancora imparando... sempre alla vecchia maniera: ascoltando, osservando, rubando sensibilità e dedizione, insomma: credendoci. Sono assolutamente all'inizio, anche se gli anni passano e nel mio caso tra poco entrerò nel 4° anno consecutivo, però nel mio piccolo posso dire di saperne qualcosina che non è poco!!!
Allora ai lettori che criticano senza ricordare che i congiuntivi esistono e ci son casi in cui siamo obbligati a usarli o che non sempre il traduttore viene capito, e che sono i lettori la nostra forza, be', a quelli che sanno solamente sputare sugli albi di fumetti "tradotti male" dico che forse non sanno cosa significhi fare questo lavoro e ringrazio ogni singola persona che dedica tempo a corsi come questo, non solo perché forma figure professionali specializzate, ma perché sensibilizza, pian piano, il pubblico, ricordandogli che dietro Superman e tanti tantissimi altri ci sono persone che lavorano seriamente e che questo lavoro andrebbe considerato per quello che è: un lavoro artigianale, difficile, minuzioso e soprattutto serio.

ah, quanto mi piacerebbe poter seguire questo corso!!!
Se ne avete la possibilità, se vi piacciono i fumetti, se amate la traduzione, allora fatevi questo regalo!!!

mercoledì 13 ottobre 2010

NERF WAR!!!

Cara gentaglia, se vi va, sul blog di Mauro Uzzeo trovate il resoconto della prima Nerf War giocata, con la gentile ospitalità di Elisabetta Melaranci!

Grazie a tutti i partecipanti!!!

sabato 9 ottobre 2010

It's NERF... or Nothing!

Sono tante, colorate, giocattolose, divertenti.
Di che parlo?
Delle Nerf, un vero must per i ragazzi dei college americani - e non solo - approdate qui in Italia da qualche mese. Qui sotto una piccola foto generica, per farvi capire meglio e, speriamo, stuzzicare i vostri sensi di ragno!!!
Con un gruppetto di amici ci siamo lasciati trascinare da questa nuova mania e abbiamo
cominciato a pensare di mettere su una squadretta, comprare pistole, fuciloni e quant'altro. Non so bene com'è cominciata, ma ammettiamolo, nonostante l'aspetto giocattoloso e colorato che ricorda vecchi giochi della Fisher Price, le Nerf sono un modo divertente per cazzeggiare tutti insieme. Allora eccoci qui, pronti a lanciare una nuova mania e, noi per primi, a farci letteralmente catturare da questa nuova avventura! :) Dunque, grazie all'entusiasmo mio, di Riccardo , di Roberto , di Federico , Mauro e tutti gli altri (che mi scuso se non nomino), abbiamo dato il via alle danze e, siccome da cosa nasce cosa, come dice giustamente Roberto nel suo ultimo post sul blog, se vi interessa una parte della storia la trovate QUI .

Intanto sono felice di presentarvi le mie due amichette.
Questa è la Maverick.
L'ho presa appena uscita, quest'estate e me ne sono proprio innamorata. Sembravo una bimbetta felice, tornata indietro di svariati anni, mentre il commesso di Rocco Giocattoli mi fissava attonito quando gli ho detto che no, non mi serviva un pacchetto regalo che tanto era per me...
Ehm... torniamo a noi. Maneggevole, colorata, 6 proiettili morbidi. Prezzo economico, sui 15 euro se la memoria non mi inganna. Non è fantastica?! E poi ricorda vagamente il pistolone di HellBoy!!!

E poi vi presento lei, la Firefly, che mi è arrivata giusto la scorsa settimana.
Grossa, colorata, 8 proiettili luminosi a ventosa che restano illuminati al buio. Ma di questo e altri dettagli parleremo più avanti, anche se la Firefly in particolare non è ancora in distribuzione in Italia. Speriamo arrivi presto perché è davvero magnifica!!
Ah, giusto, e cosa troviamo nei negozi?!
Be', la Hasbro per ora ha messo in commercio queste cosucce: la Maverick, il Deploy CS-6 , il Rider , i Dart Tag, composti da corpetto, pistola piccola e occhialetti protettivi - da proteggersi c'è ben poco cmq, grazie ai proiettili molto morbidi!

Vi siete incuriositi?! Lo spero davvero e se decidete di farvi prendere da questa nuova fissazione, sappiate che non siete i soli!!!



mercoledì 15 settembre 2010

Christopher Ransom e la sua "Casa".

The Birthing House, letteralmente La Casa delle Nascite, è il titolo originale di questo primo romanzo di Christopher Ransom, appena uscito in Italia col titolo La casa dei mai nati, edito da Rizzoli, Collana HD.

"Il matrimonio di Conrad e Joanna è in crisi. Lui è convinto che la colpa sia della vita frenetica che fanno a Los Angeles e della pressione a cui li sottopone il lavoro di lei, manager di una multinazionale. Conrad sogna di andare a vivere in campagna e appena gli si presenta l'occasione acquista, nel Wisconsin, un'antica casa che nell'Ottocento ospitava ragazze madri in procinto di partorire. Convince la moglie a seguirlo, ma ben presto Joanna accetta un incarico che la terrà lontana per due mesi. Solo nella grande villa ricca di memorie e di segreti, Conrad riceve dall'inquilino precedente un oggetto che appartiene alla casa: un album di fotografie color seppia dove, tra levatrici e ragazze incinte, Conrad riconosce senza ombra di dubbio Joanna, che lo fissa con uno sguardo pieno d'odio. E' l'inizio di un lungo incubo che, tra apparizioni, fantasmi, creature in carne e ossa e ossessioni, dà vita a uno dei thriller più inquietanti degli ultimi anni."

"Un debutto che ricorda Stephen King e Dan Simmons." Commenta così il Library Journal.
E' vero? Non saprei dire bene, non sono un'appassionata di nessuno dei due ma, ovviamente, li conosco. Come conosco bene anche il genere horror e il genere thriller che, devo dire, in questo romanzo si mescolano abbastanza bene, generando tra il protagonista e il lettore una sorta di microcosmo che assorbe e trascina tutto, risucchiandoci pagina dopo pagina.
Ransom ha di sicuro fatto un bell'omaggio ai due generi; dell'horror abbiamo molti elementi base: la casa, un album di foto, un segreto nascosto, la solitudine della mente e quella fisica, e altri particolari che non cito per non rovinarvi le sorprese sparse qui e lì... ovviamente c'è anche il sangue! E se il motto tanto caro a Stoker, col suo Renfield - sì, ne avevamo già parlato a proposito di un'altro libro - racchiude una grande verità, cioè "Il sangue è vita", parlando della Casa delle Nascite tutto ciò sembra ancor più vero se pensiamo che qui a spaventare è proprio questa vita pulsante, capace di attraversare i secoli e sopravvivere con una forza soprannaturale che ha tutto del paranormale. Così, se il momento della nascita è da sempre un momento di gioia, qui invece viene ribaltato il concetto, e con esso quello tipico degli horror: a far paura, dunque, non è più la morte ma la nascita. Se ci mettiamo poi una vecchia casa vittoriana come scenario allora il tutto sembra condito a puntino e lascia il campo agli elementi del thriller.
Forse meno distinguibili in partenza - l'attacco quasi non ci ricorda nessuno dei due generi - questi particolari si fanno più accentuati col progredire della storia. Ransom è molto bravo a seminarli, con parsimonia e con la giusta intensità, omaggiando dove può e ideando dove vuole. E allora compaiono i vicini di casa, storie raccontate a mezza bocca, piccoli segreti, sogni a occhi aperti e una carrellata di personaggi americani che sono un piccolo spaccato dei nostri giorni - il romanzo è stato scritto nel 2009 - ; il tutto condito da elementi del quotidiano.
A fare di questo romanzo un caso forse è il suo modo di essere pacato, ma profondamente fastidioso. Le donne, forse, lo affronteranno diversamente e, personalmente, mi domando ancora come l'autore sia riuscito a rendere così realistiche alcune tematiche, sensazioni e situazioni che solo una donna potrebbe descrivere in modo così crudo e pesante. C'è voluto coraggio, forse, o forse una gran dose di realismo. Ecco perché fa meno paura una scena di morte rispetto a un momento più intimo, in cui i personaggi dialogano di vita e prendono corpo inquietanti pensieri che portano il protagonista a cadere preda di un vortice disperato.
Non aggiungo molto di più, solo questo: ho lavorato alla traduzione di questo libro, insieme a Michele Foschini, l'ho letto e l'ho assorbito. Non sarà l'idea più originale del mondo, direte voi, ma se la vedete così, allora, quanti libri sono davvero originali? Un barlume invece io ce lo vedo, perché forse questa poca originalità va presa come omaggio, cosa che secondo me è voluta e molto ben fatta, e non va dimenticata invece l'abilità dell'autore e quella piccola, fastidiosa e ronzante idea di spaventare lasciando Morte a casa e chiamando sul palco, per una volta - forse la prima?!? - la signora Vita. Si legge bene, scorre veloce; anche se il finale è forse un punto debole della narrazione mi sento comunque di consigliare questo testo e di dargli un 6/5 come voto, anzi, anche un 7 meno perché vi trascinerà in un turbinio mentale che con difficoltà saprete abbandonare.

"Questa è la mia casa. Questi sono i miei piedi. Li vedo salire le scale. Li vedo condurmi dove alla fine il mio amore sarà rivelato. Perché qualunque cosa lei sia diventata, è il prodotto del mio amore.
In cima alle scale ci sono le pareti e le tavole del pavimento macchiate delle lacrime del parto. La vita è riaffiorata in questa casa e se n'è andata. C'è una crepa nel pavimento ed è la crepa del mondo, il nucleo pulsante della casa, che per sempre darà vita. Dalla casa noi nasciamo e alla casa noi torniamo. Tutto ciò che sta nel mezzo è il focolare e le braci morenti del fuoco che un tempo bruciava dentro.
Stanotte ci sentiremo di nuovo al caldo, insieme. Per l'ultima volta."

martedì 7 settembre 2010

Sestri Levante...
Maya masticava libri e solitudine ma le piaceva ridere del sole e del vento. Camminava svelta, montava in bici la mattina e andava a scuola, coi capelli all'aria vedeva gente e cose sempre diverse, anche se la strada era sempre la stessa.
Maya andava al liceo e aveva già scoperto che le avevano mentito quand'era più piccola, che le cose, poi, non erano tanto diverse.
Rabbia in cortile, palloni sgonfi, banchi sporchi e cicche di sigaretta che non aveva mai visto prima.
Un corridoio lungo da fare tutto, che quando passavi davanti alle classi incontravi sensazioni nuove che ti rotolavano via dalla testa e le prendevi a calci mentre di corsa andavi a sederti al tuo banco.
Maya sapeva di sole ed erba, assente quando capitava, un pensiero vago, un'idea ancora senza corpo, senza forma. Le sarebbe bastato poco per scoprire cos'aveva dentro, e spingere pian piano lo sguardo e i passi dentro altri mondi fatti di libri, volti, posti e musica. Un primo amore iniziato bene e finito male, come tutti del resto.
Era l'anno delle contestazioni, che a chiamarle così ti fan pensare a una cosa seria, al '68, ma che invece erano slanci di indipendenza. E c'erano riunioni, manifestazioni, autogestioni, occupazioni. In fila, dietro lo striscione, a gridare e scalpicciare giù per via Nazionale. Piazza Esedra, non Piazza della Repubblica, mi raccomando! Era inverno a Roma, e la musica affollava i lunghi pomeriggi di vuoto.
E la ragazza andava via leggera, che pareva volare... è Sestri Levante, la canticchiava di continuo. Lui veniva da lontano, e con sé portava un mondo nuovo.
Sanpietrini scivolosi, bici e scarpe rotte, un sorriso, un viso: Oggi è Sestri Levante, oggi è Sestri Levante, oggi è Sestri Levante... e Maya diventa musica e la musica ricordo e il ricordo passato diventa potere, memoria.
E la ragazza andava via leggera, che pareva volare....


lunedì 6 settembre 2010

aNobii, trovarsi tra le pagine...

Alla fine ho ceduto anche io e mi sono iscritta.
Ho scelto il momento sbagliato, perché a casa sono piena di pacchi e i libri, poveretti, sono tutti sotto coperta pronti per lavori e trasloco che, ahimè, avverrà non prima di 3-4 mesi.
In giro, quindi, sparsi tra uno scaffale e l'altro della mia piccola libreria, ho rispolverato solo alcuni volumi. Tutti rigorosamente già letti ma che consiglio.
Intanto mi appresto a finire Doyle e vi lascio il mio link di aNobii o se volete visitare i miei scaffali, basta cliccare sulla colonnina a "forma" di libreria alla vostra destra!

Buon divertimento e mi raccomando... leggete leggete leggete!
Settembre... (he) is back!

Settembre è sempre un mese difficile, odiato, amato, dimenticato... passa sempre un po' in fretta, il povero settembre. A Roma vivi in un limbo bello, se il tempo ti assiste, che ti aiuta a far scivolare la sabbia e il sale dalle spalle con pacatezza e solo un leggero filo di malinconia per quel mare (o montagna o altro che sia) che ormai ci si è lasciati dietro.

A rallegrare gli animi un po' malinconici ci sono però tanti eventi in programma, come a dire che l'inverno e il freddo li si "scalda via" con un bicchiere di vino, delle risate e l'allegria di tante e belle fiere... di cosa?! Fiere del fumetto, è ovvio.
Sì, perché se volete questo, se cercate il chiasso, i colori e tanta tanta gente, potete di sicuro organizzarvi un calendario fantastico, tanto più che le fiere di fumetto sembrano aumentare ogni anno e spuntano un po' come i funghi!!!

Allora andiamo a cominciare con la 5° edizione di Narnia Fumetto, in quel di Narni, nella bellissima Rocca Albornoz. Lo scenario è davvero bello e la fiera, seppur piccola, sembra aver trovato terreno fertile e solido su cui poggiare. La Rocca accoglie tutti con simpatia e calore, l'organizzazione è sempre allegra, pronta, disponibile e sono convinta che col tempo si allargherà, sia come consenso di pubblico, che comunque è sempre florido, sia come importanza negli spazi e nella diversificazione degli eventi. Speriamo solo che nel guadagnare d'importanza non perda questa caratteristica di "familiare" che ha, almeno per me. Tanti disegnatori (Font, Palumbo, Di Vincenzo, Torti e Torti, Pontrelli, De Cubellis, Venturi, Leomacs e taaaaanti taaaanti altri che mi scusi se non cito), i cosplayer, il concertone immancabile, le conferenze, gli editori, gli stand e le file, stanchezza e allegria ma soprattutto una mostra di tavole originali che merita davvero le 5 stelle! Quest'anno lo spazio era dedicato ai grandi americani, tavole da Watchmen, Preacher, Lobo, Batman e Superman, Hulk, Wolverine, Conan, Hellblazer e chi più ne ha ne metta! Nomi importanti, come Dillon, Fernandez, Fabry, Phillips, Gibbons e tanti altri! Roba da rifarsi gli occhi... dopo aver pianto lacrime amare! :D Se volete approfondire, trovate tutto qui, ovvero nel sito di Francesco Bazzana.

Riguardo alle conferenze, invece, ne cito qualcuna: quella sulla presentazione del ritorno di John Doe, con Bartoli, Torti Jr. e De Cubellis come nuovo copertinista; quella "rivelatoria" della Bao Publishing con Caterina Marietti e Michele Foschini che hanno annunciato l'arrivo del Neonmicon di Alan Moore facendoci tremare un po' tutti; quella costruttiva della rivista iComics che ha tutta l'intenzione di diventare "La" rivista di fumetti e tanto altro ancora.

Insomma, se non siete stati mai a Narnia Fumetto ve la consiglio, per passare un week end con gli amici, per vedere tavole mai viste, per chiacchierare e godersi i viottoli di Narni, per respirare l'aria di una fiera che ci prende per mano e ci porta nel fresco autunno, verso le vie di Lucca, con animo leggero... ma con la pancia piena!!!

Alla prossima!


PS(Un grazie lo dobbiamo tutti a Francesco Settembre e a tutti quelli che hanno contribuito! Grazie!)

domenica 25 luglio 2010

Under Construction...

lavori di manutenzione per il blog, prima delle vacanze :D

a risentirci!!

domenica 27 giugno 2010

Renfield is my best friend! 2 NDT!!

Forse, più che una Nota del Traduttore, questo è un commento, comunque, spero possa essere interessante.

Buona lettura e mi raccomando, occhio a quando uscirà questo libro perché merita!

NDT?

Da sempre, e per qualche strana ragione, molti di noi restano affascinati dall’horror; una reazione del genere apparentemente può sembrare curiosa, quasi buffa, se ci si ferma un istante a riflettere sui motivi. In seconda battuta, però, sembra piuttosto naturale se si pensa all’horror – sia esso rappresentato in un libro o in un film e via dicendo – come a un veicolo per esorcizzare il Male, le paure che ci circondano e che nascono nuove e diversificate ogni giorno in tutto il mondo.

È naturale, perché l’uomo da sempre cerca e trova mezzi attraverso cui andare avanti, strumenti e veicoli che gli permettano di convivere col reale quand’esso non trova una spiegazione razionale o immediata.

Tim Lucas, esperto in materia, ha voluto regalare al lettore un testo aperto a molte letture, ricco di temi e di sentimento, un momento di riflessione sull’individuo.

The Book of Renfield: a Gospel of Dracula non è un libro dell’orrore, né tantomeno un libro sui vampiri: Il Libro di Renfield è il Vangelo secondo Dracula, come suggerito dall’autore nel sottotitolo. Affrontare la traduzione di questo testo è stato molto impegnativo perché vanno fatti i conti con tanti fattori. Per prima cosa analizziamo il titolo.

La scelta di lasciare Il Libro di Renfield anziché Il Diario, ad esempio, è significativa. Il testo è suddiviso in due parti e nella Coda finale; ognuno di questi tre elementi riporta delle citazioni di natura biblica, caratteristica che ritroviamo un po’ in tutto il testo e che è in stretta relazione con la storia narrata da Renfield stesso. Dunque, Il Libro di Renfield è un po’ come Il Libro della Rivelazione e la traduzione ammicca volutamente in quella direzione, che è sembrata essere in molti casi anche un’importante chiave di lettura. Inoltre, pensando al sottotitolo, è Renfield stesso a definirsi “Vangelo”, in un piccante scambio di battute col dottor Seward.

Questa caratteristica, per così dire “religiosa”, la ritroviamo anche quando traduciamo Lord and Master – appellativi che Renfield usa quando allude a Dracula – con Padrone e Maestro e con Signore e Padrone o Signore e Maestro. La prima coppia viene attribuita quasi sempre a Renfield, che parlando con Seward cerca in ogni modo di nascondere la vera natura di questo Lord, facendogli credere di riferirsi a Dio. In italiano la dualità di significato del termine lord è stata diversificata in base ai personaggi che utilizzano questa parola. L’ambiguità e la difficoltà di questa scelta è data anche dalle varie citazioni bibliche che, come accennavamo, compaio qua e là nella narrazione. Renfield, cresciuto in una canonica, sembra conoscere bene le Sacre Scritture anche se spesso storpia le citazioni, rendendo il lavoro di riconoscimento e di inserimento della traduzione talvolta difficile; l’uso che fa del termine lord è ambiguo anche alla luce della storia della sua vita, ma di certo non è mai casuale ed è, allo stesso tempo, ben distinto dall’uso che ne fa, ad esempio, il dottor Seward.

Tim Lucas, attraverso Renfield, cita anche testi come Vanity Fair, Tristram Shandy, brani tratti dalle Lyrical Ballads di Wordsworth, o frasi rubate a Shakespeare, arricchendo la narrazione con piccoli particolari che contribuiscono a caratterizzare l’atmosfera e a definire un’epoca.

A proposito di atmosfera e di epoca, non si può definire Il Libro di Renfield un romanzo vittoriano, ma l’ambientazione, quando compare carica di aggettivi, particolari e luoghi, si trascina dietro tutto il fascino e le atmosfere di quell’epoca, di quei romanzi che occupano una parte tanto importante nella letteratura inglese. Tradurre elementi di questo tipo è stata una scommessa, perché ogni piccola parola, ogni aggettivo contribuiva a dipingere un’immagine importante perché parte della cornice in cui si inserisce la storia di Lucas.

Tra i tanti, gli aggettivi che caratterizzano maggiormente il romanzo sono quelli riferiti ai colori. La notte, con le sue sfumature di blu scuro e nero, ha un peso determinante per Renfield e sembra avvolgere anche il lettore, trascinato nel turbinio di notti di luna piena, vortici di pipistrelli e stelle luccicanti, in un quadro che ha talvolta del poetico, dell’inquietante e del surreale assieme. Ed è forse questa una delle caratteristiche più belle dello stile di Lucas.

L’autore, infatti, fa un’operazione incredibile, inserendo brani da Dracula, approfondendo personaggi già esistenti, costruendo ambientazioni e situazioni che in tutto e per tutto omaggiano Bram Stoker. Le citazioni – evidenziate per scelta di Tim Lucas in grassetto – sono state ritradotte, tenendo presente come riferimento la traduzione italiana di Paola Faini[1]. La scelta è stata presa di comune accordo con l’editore – Gargoyle Books – e, per quanto sia stato impegnativo e difficile affrontare in parte il romanzo di Stoker, mi ha dato la possibilità di confrontarmi con uno grande classico. L’inserimento di questi brani originali, tuttavia, è stato semplice perché Lucas è riuscito a mantenersi in linea con lo stile di Stoker, inserendo in modo intelligente il suo stile personale.

L’operazione fatta da questo autore è sicuramente interessante perché non si limita alla citazione grezza dei brani, ma sceglie di ricalcare le orme di Bram Stoker anche nella struttura del suo romanzo e nelle caratteristiche che l’hanno reso tanto celebre. Ritroviamo, infatti, l’uso delle pagine di diario e delle datazioni che da sempre distinguono Dracula; c’è poi una grande attenzione ai dettagli, anche i più piccoli, che ricorda tantissimo lo stile di Stoker e che rende densa la narrazione. L’uso del dettaglio gioca un ruolo importantissimo: tramite le descrizioni minuziose, infatti, Lucas riesce di pagina in pagina a delineare un profilo psicologico di Renfield davvero profondo e sfaccettato, dando a quello che era solo un personaggio secondario uno spazio proprio. Tradurre questi elementi, dunque, non è solo un esercizio linguistico, che ci porta a scegliere termini ricorrenti che fungono da base solida agli altri, ma si è dovuto fare un vero e proprio lavoro di analisi sui toni, i modi e la “filosofia” del protagonista del romanzo. Altro elemento interessante e di rilievo per la traduzione è la scelta di non mostrare mai il Conte – un po’ come accade in Stoker – ; questo fattore porta la traduzione a distendersi e ad ampliarsi nella scelta di termini ricorrenti ma sempre molto vari. Tutto sembra scandito da parole chiave, momenti che si rivelano topici per il protagonista e che puntano dritto alla fantasia del lettore che finirà inevitabilmente per stare dalla parte di quello che, tutto sommato, è solo un folle rinchiuso in un manicomio.

Ed è proprio al lettore che si è pensato quando, d’accordo con l’editore, sono state inserite delle brevi note. L’uso che se ne è fatto, comunque, è stato limitato, per non appesantire la lettura; la scelta si è rivelata utile perché ci ha dato la possibilità di aiutare il lettore laddove il testo di Tim Lucas si rivelava meno comprensibile per un pubblico italiano.

Il lavoro svolto è stato di certo molto impegnativo e serio, non solo per le caratteristiche talvolta delicate del romanzo, ma anche per la scelta dei termini, che in un testo del genere sono fondamentali per rendere certe atmosfere e trasmetterle al lettore senza rischiare di appesantire la lettura.

Nella traduzione, ho cercato di tener conto di tutti questi fattori, provando a trasmettere sensazioni, spazi e atmosfere per come le ha immaginate l’autore.


[1] Dracula, Bram Stoker, Newton Compton, Roma 2009, Introduzione di Riccardo Reim, cura e traduzione di Paola Faini. Edizione integrale.

Renfield is my best friend!

Cos'è?
Un bel libro.
Di chi è?
Di Tim Lucas.
Chi è?
Ne parleremo più in là.
Perché parliamo di questo libro?
Be', i motivi sono vari. Qualche tempo fa avevo accennato a una mia collaborazione con la Gargoyle Books.
Con loro ho lavorato a questo bel libro, di cui uscirà la mia traduzione prossimamente, spero presto!
Vi scrivo due righe, una piccola analisi personale che vuol essere più una riflessione che una recensione!
Buona lettura!

Un'introduzione
“Il sangue è vita!”

Parole famosissime che di certo sono rimaste e rimarranno impresse nella memoria di infiniti lettori che hanno avuto o che avranno tra le mani Dracula di Bram Stoker.

A pronunciare questo monito, questa incredibile verità, è Renfield, personaggio secondario che in Dracula ci regala un velato assaggio di come il Conte sia capace di avvelenare corpo e mente delle sue ignare vittime.

Non ha bisogno di presentazioni, Dracula, né serve ricordare quale fu la mente che generò un tale indiscusso capolavoro gotico, che a oggi è tutt’altro che dimenticato. Dracula e Bram Stoker sono quasi un’unica creatura, al punto che il Conte stesso è divenuto sinonimo di vampiro, alimentando l’iconografia e l’immagine collettiva per trasformarsi, infine, in simbolo.

Il Non-Morto per eccellenza è una di quelle figure che porta il lettore – o lo spettatore, vista la ricchissima produzione cinematografica – a confrontarsi con misteri primordiali come il sangue, la morte, la passione, l’amicizia, l’amore. È curioso osservare come un personaggio che di fatto quasi non compare nel libro, sia riuscito a generare creature e mondi, ispirando autori un po’ ovunque e diventando, in un certo senso, beniamino di tutti.

Certo, va ricordato che Stoker non fu l’unico a scrivere di “mostri”, tra i tanti basta ricordare Le Fanu, con la sua famosissima Carmilla; eppure in quelle atmosfere vittoriane, nelle pagine di diario ricche di dettagli e di sentimenti vivi, Stoker ha saputo consegnare al mondo una creatura che ancora ci tormenta, nel bene e nel male. L’ansia che Dracula ci lascia addosso, fino all’ultima pagina, è giustificata da molti fattori, ma uno significativo su cui riflettere è proprio l’assenza del cosiddetto cattivo, che compare solo in qualche pagina all’inizio del romanzo. È come dire: “Il male c’è, e l’avvertiamo con il crescere dell’angoscia, ma non siamo in grado di vederlo, non sappiamo che forma abbia, né come combatterlo”. Dunque, abbiamo di fronte un Male quasi allo stato puro, ancestrale nel suo genere. I protagonisti scelti da Stoker non sono altro che esempi di umanità, delle debolezze, dei sentimenti, delle paure e del coraggio che siamo capaci di provare; quello in cui si trovano catapultati, in realtà, è una sorta di rito di passaggio privo, però, dei suoi elementi cardine.

Il lettore, proprio come i personaggi, è spinto ad andare avanti a qualsiasi costo; è costretto a vedere la realtà e l’irrazionalità generata dall’incredulità di fronte a eventi di questo genere. Forse è per questa sincerità di fondo che Dracula affascina ancora oggi, in un mondo dove bisogna reinventarsi vampiri per sentirsi vivi.

Se la paura, l’angoscia, sono le vene attraverso cui scorrono e si alimentano i sentimenti in libri come Dracula o, più in generale, nei libri horror, credo si possa fare un parallelismo con le paure e le angosce che oggi ci circondano.

Tim Lucas sceglie questa strada, facendo un incredibile e avvolgente omaggio a Stoker e rispolverando un’ambientazione, quella vittoriana, che ancora oggi gode di grande fortuna.

Il Libro di Renfield è un romanzo intelligente, profondo, talvolta inquietante e incredibilmente crudo, seppur denso di sentimento e passione. Lucas sceglie abilmente di focalizzare la sua attenzione su un personaggio secondario di Dracula, Renfield appunto, per mostrarci cos’è la follia o, forse, cos’è la disperazione.

Non ci troviamo davanti a una semplice ispirazione, a un romanzo ombra, né tantomeno dobbiamo pensare a quest’opera come a un esempio di horror o di storie sui vampiri. Non c’è solo questo in Renfield; si tratta per lo più di un’esplorazione, del voler capire come il Male – sia esso un personaggio di fantasia o un evento reale – possa governare la nostra mente, spingendoci in luoghi magici e perversi insieme.

Renfield e il dottor Seward – altro prestito da Bram Stoker – saranno le nostre guide in quello che è il racconto della vita di Renfield, costellato di pazzia, passione e tristezza; ci guideranno in un’analisi della follia di chi è schiavo del Male fino al punto di venirne divorato nella mente, nell’animo e nel corpo. Sappiamo bene che fine farà Renfield, ucciso dal suo stesso Padrone e Maestro, ma quello che ci sfugge sono gli eventi che l’hanno portato a quella fine. Lucas sceglie di fare un omaggio al Vampiro, descrivendo la follia di Renfield in un racconto appassionante e struggente, e a Stoker, utilizzando quei toni e quelle strutture caratteristiche che lo resero immortale.

I temi affrontati sono innumerevoli: dall’abbandono all’adozione, dalla religione alla blasfemia, dalla solitudine al bisogno di appartenenza, dalla follia mentale a quella reale, dalla morte all’amore e all’amicizia e via dicendo. Di pagina in pagina sembrano sgorgare tra le righe come un fiume in piena, fino ad avvolgere il lettore in uno stile semplice e intelligente, profondo. Non mancano numerose citazioni bibliche, come a ricordare che se esiste il Male allora dev’esserci anche il Bene, e qualche citazione letteraria, da Shakespeare a Worsdworth, ma Tim Lucas cita soprattutto Bram Stoker e riesce a catapultarci in un altro mondo, in un’altra epoca, mostrandoci come le paure di allora siano le stesse di oggi. Ora, forse, siamo soli, ognuno con le proprie tragedie, angosce e paure, ma tutti stranamente uniti quando il Male si manifesta e il sangue sembra scorrere più forte, quando il sangue diventa vita anche di fronte alla morte.

Il messaggio forse è proprio questo, come scopriremo leggendo la brillante idea sviluppata nella Postfazione, ma ricordiamo sempre che “il mondo sembra pieno di brav’uomini, anche se è pieno di mostri”.


sabato 12 giugno 2010

Flatland, the easy way...

"La matematica non sarà mai il mio mestiere", dicevano in una canzone di tanti anni fa.
Ecco, anche per me vale lo stesso.
Io e la matematica ci siamo incontrate spesso, come tutti noi, dai primi anni di scuola.
All'epoca i regoli, colorati e di forme e materiali diversi, erano un divertimento... o qualcosa da lanciare attraverso la classe, sfidando l'ira lapidaria delle maestre. Per fortuna io, i regoli, non li ho mai lanciati... almeno credo.
Quello che avrei voluto sempre fare, però, era lanciare il mio quaderno: di aritmetica, di geometria. Non mi è mai stato chiaro perché ci fosse bisogno di tutti quei minuscoli quadratini sulla pagina, così scomodi per scrivere ma assolutamente perfetti per contenere i numeri. E' ovvio che il tempo passa e tutti quanti maturiamo, scoprendo i piccoli e grandi segreti che ci circondano come, per l'appunto, il concetto geometrico e quello aritmetico che regola le molte cose della vita.
La fisica, che è altra cosa, lasciamola fuori, per ora.
Eppure, per quando col tempo l'algebra mi sembrasse divertente, altri fattori hanno contribuito a far germogliare in me quella punta di inquietudine e insoddisfazione mista a scontento ogni volta che mi trovavo difronte un problema da risolvere.
Il banco, ricordo, diventava scomodo, stretto, sporco e all'improvviso mi ritrovavo a osservare ogni minima crepa o segnaccio incisi nel legno coperto di formica verde del mio banchetto.
Il liceo ha probabilmente segnato un punto fisso tra me e la matematica.
Sperimentale.
Sarebbe a dire che mentre gli altri navigavano nelle acque tranquille e più comuni della matematica "per adulti", io e i miei 27 compagni di classe sudavamo sui banchi, arrampicandoci sui grafici, cercando di non ridere alla definizione di seno e coseno e tentando di trovare un senso al tutto che, almeno da parte mia, sembrava sfuggire tra le dita.
Ma devo accorciare, altrimenti questo diventerebbe uno spaccato di vita liceale - è abbastanza chiaro che ho fatto lo scientifico, no? - totalmente privo di interesse per quelli che non hanno condiviso tali situazione con me. Mi concedo quest'ultimo pensiero, dunque, per poi parlare di questo strambo libro di Abbott, Flatlandia, appunto.
Se ricordiamo le lezioni, i problemi a casa eccetera, ricorderemo, ognuno di noi, i professori di matematica che abbiamo avuto. Non c'è verso, ma quelli delle elementari li ricordo vaghi, le medie erano un piccolo paradiso, dove navigavo in acque tranquille ignara di cosa e chi avrei incontrato in seguito. Ecco, diciamo chi...
Tra i tanti ne citerò solo 2, chiamandoli per gioco Il Bene e Il Male.
Il Bene era una grande prof. Ti metteva 4 con una dignità incredibile, senza mortificazioni. I miei disegni erano i migliori di tutta la classe.
Il Male era un professore. Senza aggettivi aggiunti. Girava per i banchi, arrogante perché era un pozzo di conoscenza, arrogante perché privo di umanità.
Lì, cara matematica, ci siamo definitivamente separati, lì ti ho salutato più sollevata perché avevo finalmente capito che il mio mondo era la pagina scritta.
Tutti abbiamo avuto qualche piccola crisi, e mi rivolgo a quelli che la matematica l'hanno odiata, pianta eccetera, a quelli che non se ne sono fatti mai una ragione.

Flatlandia è un libretto curioso, andrebbe letto anche solo per conoscenza - stiamo parlando di un volumetto pubblicato anonimo addirittura nel 1882.
Perché, direte voi? Perché nella genialità dell'idea - il protagonista è un quadrato che vive in un mondo dove tutto è bidimensionale, dove la Terza Dimensione e i concetti cui essa porta sono considerati fuorilegge - c'è un piccolo, grande insegnamento.
No, non sto parlando delle spiegazioni sulla Terza o sulla Quarta Dimensione; parlo proprio dell'espressione di alcuni concetti che oggi ci sembrano scontati, semplici, ma cavolo... quanto avrei voluto un professore che mi spiegasse cos'è un cubo in questa maniera:

...SFERA: "Un Punto produce una Linea con 2 Punti terminali.
Una Linea produce un Quadrato con 4 Punti terminali.
Ora siete in grado di rispondere da solo alla vostra stessa domanda: 1,2, 4 formano evidentemente una Progressione Geometrica. Quale sarà il prossimo numero?"
IO: "Otto."
SFERA: Precisamente. Quell'unico Quadrato produrrà un Qualcosa-che-voi-ancora-non-sapete-come-si-chiama-ma-che-noi-chiamiamo-Cubo, il quale ha 8 Punti terminali. Siete persuaso adesso?
IO: E questa Creatura ha dei lati, così come ha degli angoli o ciò che voi chiamate "Punti terminali"?
SFERA: Naturalmente: tutto come vuole l'Analogia. Ma, a proposito, non quello che voi chiamate lati, ma quello che noi chiamiamo facce. Voi li chiamereste Solidi. ...

E così via.
Vi sembra stupido? Forse lo è, ma leggere una spiegazione così semplice, nonostante sappia bene cos'è la Terza Dimensione (Spacelandia) e cosa sia un Cubo, mi ha fatto sorridere.
Ah se tutti i professori di matematica facessero leggere questo libro - e, ne sono certa, altri testi ugualmente curiosi e stimolanti - allora forse la conoscenza con quell'universo che è la matematica ci sembrerebbe un po' meno piatta, meno bidimensionale, e un po' più curiosa, stimolante.
Confido comunque che la Quarta Dimensione si apra a noi come le pagine di un libro di fotografie: per parlarci con la semplicità delle immagini e la forza della curiosità, della novità!
Leggete Flatlandia, perché dentro non ci sono solo numeri e figure, ma ci sono anche i concetti: geometrici, aritmetici, sociali, fantastici.

Buona lettura.

venerdì 7 maggio 2010

Home sweet home...

Un pensiero per i miei amici, loro sanno!

Piove, ci sono lampi su tutta la città e la pioggia, dicono, porta il fresco, sciacqua lo sporco dei giorni passati.
Ecco, i giorni passati.

Sgattaiolo nell'altra casa. Di là, come l'ho sempre chiamata.
Non c'è luce, ma non ne ho bisogno per camminare senza far rumore.
No, non perché ho il cellulare a farmi luce; non ne ho bisogno perché è casa mia e ricordo ogni angolo
di quel posto. Ne ho una foto stampata nella mente.
Ecco sì, proprio una foto.

Fuori tuona, ed è l'unico rumore insieme alle ciabatte che strusciano sui cartoni a terra, che coprono il parquet.
Vedo una birra cadere, del vino sparso, pop corn, patatine e mille altre cose che in realtà non ci sono.
Le righe sul legno sono solo coperte; sono quelle lasciate dalle sedie strusciate, quelle del tempo.
E poi, al buio, mi rendo conto che ne è passato parecchio e che la mia casa c'è, ma non c'è più.
Mi accorgo all'improvviso che non avrò più la mia camera, ah, quanto avrebbe da raccontare.
Capisco che non avrò più la cucina, con quello sportello ad angolo dove non arrivavo mai a prendere i bicchieri di plastica.
E un mucchio di altre cose che non sto a dirvi.
Sorrido, pensando che forse tra qualche mese avrò una macchinetta del caffé che farà un caffé decente che io, comunque,
non berrò e che, come ai vecchi tempi, probabilmente non preparerò più per i miei amici.
No, non è perché non glielo offrirò, ma è perché i miei amici sono i miei fratelli, una parte della mia famiglia e quindi sono a casa loro
se vogliono prepararsi il caffé.
Ecco. La foto che ho in mente è questa e al diavolo il buio e le parole.
Al diavolo le foto vere, quello che non si cancella sono i ricordi e quindi il tempo non passa.

Non ricordo da quanto ci conosciamo, non mi importa più, non ha più molto senso in alcuni momenti.
Non ricordo quando è stata la prima volta che ci siamo riuniti tutti in quel grande salone, con il tavolo rotto e il lampadario troppo basso,
per giocare, bere, chiacchierare, sparlare e dire cazzate.
Certo, ho molte foto di tanti bei momenti, e per la paura di qualcuno anche dei video.
Sorrido, di tanto in tanto li riguardo, anzi me li rivedo nella mente.
Siete voi, intorno a un tavolo, voi che entrate in casa con Luna che abbaia per il biscotto, con Indiana che fa la pipì in giro,
voi che portate una bottiglia di vino, casino e risate. Voi che siete entrati nella mia vita e che sapete dall'inizio che questo post
sarebbe stato lungo, poetico, melenso, che per quello che scrivo mi prenderete un pò in giro ma che sapete già di cosa sto parlando.

Già, lo sapete, non fate finta di non capire. Perché io vi spezzo le gambe, come dico sempre quando m'incavolo e punto i piedi.
Se avessi ancora il mio forno vi preparerei una torta, se avessi il mio salone, vi inviterei a entrare, se avessi il divano vi inviterei a vedere un film
per scoprire ai titoli di coda, tutti insieme, che ci siamo addormentati perché eravamo stanchi.
Ecco, la stanchezza.

Il tempo passa, non ci possiamo fare niente.
Guardate la mia casa, non c'è più.
Al suo posto restano quelle serate, quelle non le abbatterà mai neanche un martello da muratore.
Al suo posto ci sono i ricordi, e nessuna foto potrà renderli più vividi.
Al suo posto ci siamo noi, tutti. Le litigate, gli scazzi, le risate, e tutto quello che c'è nel mezzo.
Al suo posto ci sarà un altra casa, un altro salone e un'altro divano.
Eppure noi saremo sempre gli stessi... allora mi chiedo, il tempo passa davvero?
Forse.
Abbiamo i nostri impegni e ne sono felice, le cose cambiano e per alcuni si complicano, ma noi abbiamo qualcosa in comune,
siamo i Goonies o no? Certo che lo siamo, cavolo!

Sì, lo so, sembrerà esagerato scrivere queste cose quando il motivo è "la nostra serata", giocare, riunirci intorno a quel tavolo.
Ma so che mi capite, perché anche se abbiamo già fatto questo discorso altre volte, promettendo di non far tardi, di scrivere sul forum,
di avvertire cambi di programma improvvisi, ci siamo ricascati di nuovo, eppure abbiamo sempre ricominciato.
Ecco, sappiate che io ricomincio sempre, perché questa, per me, è una cosa che conta.
Perciò, brutti stronzetti, tiro i dadi e lascio a voi fare i conti...

Tuona, e al buio nel mio salone vuoto, pieno di calcinacci, l'unica cosa che vedo siamo noi.
Perché casa è dove siamo.

mercoledì 28 aprile 2010

At last...

Ebbene sì, siamo giunti all'ultimo capitolo della raccolta Universo DC Robin!
Lo scorso 23 aprile è uscito il volume 6, e confesso che un po' mi sono venute le lacrimucce.
Ah, se ripenso alle giornate spese a tradurlo...
Sì, sono molto contenta di questi 6 volumoni! Spero siano piaciuti. Ok che non sono l'autore della sceneggiatura, ma sapete, anche i traduttori hanno un cuore!
Nonostante le voci di corridoio, le baraonde recenti in merito a ritardi di pagamento eccetera, sono grata di aver potuto fare questo lavoro, e con un po' di rammarico penso che mi manca anche abbastanza.
Ma si sa, tutte le belle cose finiscono.
Perciò arrivederci caro Robin!
E buona lettura a tutti!!
Enjoy!

domenica 14 marzo 2010

It's time for Robin!

Al solito con ritardo... perdono!

Comunque, eccolo qui, il penultimo volume dei 6 che compongono questo lungo excursus su Robin, pubblicato lo scorso 26 febbraio 2010!
Spero lo leggiate con piacere, come per me è stato un piacere tradurlo!

Godetevelo e ci vediamo con l'ultimo volume!!!

martedì 23 febbraio 2010

Who's the prey?

Signori e signore, è con soddisfazione che vi suggerisco il terzo volume di Universo DC Birds of Prey, traduzione sempre della sottoscritta!!
E con questo siamo giusti giusti a metà, nella speranza che gli altri tre escano in tempi decenti!!!
Seguite le avventure delle nostre eroine!

Enjoy!

PS(eh sì, sono in ritardo come al solito!!! è uscito nelle fumetterie lo scorso 5 febbraio!)



sabato 20 febbraio 2010

Sierra

Seguite anche lei!

Non riuscivo a capire a che punto fossi. La mia vita e la mia strada mi avevano portato fin là. Ma il bello stava per cominciare.

Mi avevano beccato ed ero sola. Ricordo che per un attimo mi venne voglia di piangere, gridare, poi sentii solo l'acciaio gelido della mia katana.Allora seppi cosa dovevo fare. Mi alzai, Gin era a terra, morto. Vicino a lui c'era uno dei cattivi, gli tolsi la pistola dalle mani insanguinate e rubai un caricatore, 'Qualche pallottola in più mi farà comodo'. Non c'era tempo da perdere: Eco era sparita e io sarei morta.
Da piccola volevo fare la principessa, l'avevo scritto in un diario. Non so perché ripensai a quel fatto. La mia vita, quella di prima, non esisteva più da troppo tempo. Dicono che il diario è come un amico di cui puoi fidarti, io avevo solo la mia katana, e miei muscoli e il mio cervello. Uscii di corsa dal caseggiato, rubai una macchina... in paese erano tutti morti. Fu allora che mi accorsi del silenzio. 'Bingo'.
Tequila. Ma certo. Poteva essere solo lui. Due anni fa mi aveva scaricato durante una missione ed era sparito. Ora eccolo lì, con un sombrero, un poncho e quel sorriso per il quale uccideresti. "L'hanno presa", intendeva Eco. "Muoviamoci, mi spiegherai dopo". Tequila era uno di poche parole. Per fortuna. Avviai il motore e lui saltò su; non avevo alternative: dovevo raccontargli tutto, altrimenti avrei perso la pietra.
Era notte quando accadde. Dormivamo nell'auto, fuori la notte del deserto. sentii un rumore, non so cosa, ma per sicurezza svegliai Tequila e misi in moto. L'auto non partiva. 'Merda'. "Sierra, fa silenzio". Restammo in ascolto: niente. All'improvviso qualcuno, qualcosa, saltò sul tetto dell'auto e in un modo o nell'altro riuscì a squarciare la carrozzeria. Tequila fece per scendere ma lo fermai "Scappiamo, cazzo".
L'auto era miracolosamente ripartita, ma non avevamo una meta e ci serviva aiuto.Tequila aveva uno strano aggeggio, disse che ci avrebbe portato dagli altri, che saremmo stati al sicuro. Non mi fidavo di quel bastardo, ma non c'era tempo da perdere, dovevo fidarmi di lui. Sfrecciavamo nel deserto veloci come il vento quando lo guardai di traverso e vidi che continuava a fissare una bussola, "Che roba è?" Sorrise.
"Ci tirerà fuori dai guai.Guarda laggiù" In lontananza vidi le sagome di alcune abitazioni e dei furgoni. I nostri. Com'era possibile? Eco era con loro?Quando scendemmo dall'auto, Raven ci venne in contro sorridente e disse che ci aspettavano.Avevamo giusto il tempo per darci una ripulita, saremmo partiti alle prime luci."Dove l'hai presa quella bussola?" "E' un segreto" Tequila era sempre troppo misterioso.
Un bagno caldo,seppur non dei migliori in quelle condizioni,servì a schiarirmi le idee.Se non trovavo Eco, avrei perso la pietra,ma perché avevano preso lei?E da dov'era saltato fuori Tequila?Lui non c'entrava con quella storia.Avrei voluto capirci di più;mentre stavo lì a rimuginare entrò Tequila."Scusa,non sapevo che eri ancora qui".Sorrisi"Certo, come no".Problemi.Li avrei risolti dopo.Ora volevo soltanto lui.
Le cose capitano sempre in fretta.Tequila non fece domande ma io dovevo sapere.Gli chiesi spiegazioni e mi disse che era venuto per me.Sapeva della pietra,sapeva che ero l'unica a poterla custodire,sapeva che sarei morta piuttosto."Chi ti ha dato queste informazioni?Cos'altro sai?""Alice, so tutto".Erano secoli che qualcuno non mi chiamava così.Allora era vero,mio nonno non mentiva.Ero l'unica.L'ultima.Che ironia.
Non risposi.Ripensai ai Custodi,alle storie che giravano sulla pietra.Non ci avevo mai creduto.Diavolo,ero una cacciatrice,una ricercatrice,un agente in missione,ma mi resi improvvisamente conto che in quel modo tornava tutto.Mio nonno,mio padre,tutta la mia vita aveva senso.Beh,tranne che ero sempre sola."Non ti preoccupare.Sono qui per aiutarti".La voce di Tequila suonò lontana,distante,ma sapevo che non mentiva.