mercoledì 15 settembre 2010

Christopher Ransom e la sua "Casa".

The Birthing House, letteralmente La Casa delle Nascite, è il titolo originale di questo primo romanzo di Christopher Ransom, appena uscito in Italia col titolo La casa dei mai nati, edito da Rizzoli, Collana HD.

"Il matrimonio di Conrad e Joanna è in crisi. Lui è convinto che la colpa sia della vita frenetica che fanno a Los Angeles e della pressione a cui li sottopone il lavoro di lei, manager di una multinazionale. Conrad sogna di andare a vivere in campagna e appena gli si presenta l'occasione acquista, nel Wisconsin, un'antica casa che nell'Ottocento ospitava ragazze madri in procinto di partorire. Convince la moglie a seguirlo, ma ben presto Joanna accetta un incarico che la terrà lontana per due mesi. Solo nella grande villa ricca di memorie e di segreti, Conrad riceve dall'inquilino precedente un oggetto che appartiene alla casa: un album di fotografie color seppia dove, tra levatrici e ragazze incinte, Conrad riconosce senza ombra di dubbio Joanna, che lo fissa con uno sguardo pieno d'odio. E' l'inizio di un lungo incubo che, tra apparizioni, fantasmi, creature in carne e ossa e ossessioni, dà vita a uno dei thriller più inquietanti degli ultimi anni."

"Un debutto che ricorda Stephen King e Dan Simmons." Commenta così il Library Journal.
E' vero? Non saprei dire bene, non sono un'appassionata di nessuno dei due ma, ovviamente, li conosco. Come conosco bene anche il genere horror e il genere thriller che, devo dire, in questo romanzo si mescolano abbastanza bene, generando tra il protagonista e il lettore una sorta di microcosmo che assorbe e trascina tutto, risucchiandoci pagina dopo pagina.
Ransom ha di sicuro fatto un bell'omaggio ai due generi; dell'horror abbiamo molti elementi base: la casa, un album di foto, un segreto nascosto, la solitudine della mente e quella fisica, e altri particolari che non cito per non rovinarvi le sorprese sparse qui e lì... ovviamente c'è anche il sangue! E se il motto tanto caro a Stoker, col suo Renfield - sì, ne avevamo già parlato a proposito di un'altro libro - racchiude una grande verità, cioè "Il sangue è vita", parlando della Casa delle Nascite tutto ciò sembra ancor più vero se pensiamo che qui a spaventare è proprio questa vita pulsante, capace di attraversare i secoli e sopravvivere con una forza soprannaturale che ha tutto del paranormale. Così, se il momento della nascita è da sempre un momento di gioia, qui invece viene ribaltato il concetto, e con esso quello tipico degli horror: a far paura, dunque, non è più la morte ma la nascita. Se ci mettiamo poi una vecchia casa vittoriana come scenario allora il tutto sembra condito a puntino e lascia il campo agli elementi del thriller.
Forse meno distinguibili in partenza - l'attacco quasi non ci ricorda nessuno dei due generi - questi particolari si fanno più accentuati col progredire della storia. Ransom è molto bravo a seminarli, con parsimonia e con la giusta intensità, omaggiando dove può e ideando dove vuole. E allora compaiono i vicini di casa, storie raccontate a mezza bocca, piccoli segreti, sogni a occhi aperti e una carrellata di personaggi americani che sono un piccolo spaccato dei nostri giorni - il romanzo è stato scritto nel 2009 - ; il tutto condito da elementi del quotidiano.
A fare di questo romanzo un caso forse è il suo modo di essere pacato, ma profondamente fastidioso. Le donne, forse, lo affronteranno diversamente e, personalmente, mi domando ancora come l'autore sia riuscito a rendere così realistiche alcune tematiche, sensazioni e situazioni che solo una donna potrebbe descrivere in modo così crudo e pesante. C'è voluto coraggio, forse, o forse una gran dose di realismo. Ecco perché fa meno paura una scena di morte rispetto a un momento più intimo, in cui i personaggi dialogano di vita e prendono corpo inquietanti pensieri che portano il protagonista a cadere preda di un vortice disperato.
Non aggiungo molto di più, solo questo: ho lavorato alla traduzione di questo libro, insieme a Michele Foschini, l'ho letto e l'ho assorbito. Non sarà l'idea più originale del mondo, direte voi, ma se la vedete così, allora, quanti libri sono davvero originali? Un barlume invece io ce lo vedo, perché forse questa poca originalità va presa come omaggio, cosa che secondo me è voluta e molto ben fatta, e non va dimenticata invece l'abilità dell'autore e quella piccola, fastidiosa e ronzante idea di spaventare lasciando Morte a casa e chiamando sul palco, per una volta - forse la prima?!? - la signora Vita. Si legge bene, scorre veloce; anche se il finale è forse un punto debole della narrazione mi sento comunque di consigliare questo testo e di dargli un 6/5 come voto, anzi, anche un 7 meno perché vi trascinerà in un turbinio mentale che con difficoltà saprete abbandonare.

"Questa è la mia casa. Questi sono i miei piedi. Li vedo salire le scale. Li vedo condurmi dove alla fine il mio amore sarà rivelato. Perché qualunque cosa lei sia diventata, è il prodotto del mio amore.
In cima alle scale ci sono le pareti e le tavole del pavimento macchiate delle lacrime del parto. La vita è riaffiorata in questa casa e se n'è andata. C'è una crepa nel pavimento ed è la crepa del mondo, il nucleo pulsante della casa, che per sempre darà vita. Dalla casa noi nasciamo e alla casa noi torniamo. Tutto ciò che sta nel mezzo è il focolare e le braci morenti del fuoco che un tempo bruciava dentro.
Stanotte ci sentiremo di nuovo al caldo, insieme. Per l'ultima volta."

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