martedì 23 febbraio 2010

Who's the prey?

Signori e signore, è con soddisfazione che vi suggerisco il terzo volume di Universo DC Birds of Prey, traduzione sempre della sottoscritta!!
E con questo siamo giusti giusti a metà, nella speranza che gli altri tre escano in tempi decenti!!!
Seguite le avventure delle nostre eroine!

Enjoy!

PS(eh sì, sono in ritardo come al solito!!! è uscito nelle fumetterie lo scorso 5 febbraio!)



sabato 20 febbraio 2010

Sierra

Seguite anche lei!

Non riuscivo a capire a che punto fossi. La mia vita e la mia strada mi avevano portato fin là. Ma il bello stava per cominciare.

Mi avevano beccato ed ero sola. Ricordo che per un attimo mi venne voglia di piangere, gridare, poi sentii solo l'acciaio gelido della mia katana.Allora seppi cosa dovevo fare. Mi alzai, Gin era a terra, morto. Vicino a lui c'era uno dei cattivi, gli tolsi la pistola dalle mani insanguinate e rubai un caricatore, 'Qualche pallottola in più mi farà comodo'. Non c'era tempo da perdere: Eco era sparita e io sarei morta.
Da piccola volevo fare la principessa, l'avevo scritto in un diario. Non so perché ripensai a quel fatto. La mia vita, quella di prima, non esisteva più da troppo tempo. Dicono che il diario è come un amico di cui puoi fidarti, io avevo solo la mia katana, e miei muscoli e il mio cervello. Uscii di corsa dal caseggiato, rubai una macchina... in paese erano tutti morti. Fu allora che mi accorsi del silenzio. 'Bingo'.
Tequila. Ma certo. Poteva essere solo lui. Due anni fa mi aveva scaricato durante una missione ed era sparito. Ora eccolo lì, con un sombrero, un poncho e quel sorriso per il quale uccideresti. "L'hanno presa", intendeva Eco. "Muoviamoci, mi spiegherai dopo". Tequila era uno di poche parole. Per fortuna. Avviai il motore e lui saltò su; non avevo alternative: dovevo raccontargli tutto, altrimenti avrei perso la pietra.
Era notte quando accadde. Dormivamo nell'auto, fuori la notte del deserto. sentii un rumore, non so cosa, ma per sicurezza svegliai Tequila e misi in moto. L'auto non partiva. 'Merda'. "Sierra, fa silenzio". Restammo in ascolto: niente. All'improvviso qualcuno, qualcosa, saltò sul tetto dell'auto e in un modo o nell'altro riuscì a squarciare la carrozzeria. Tequila fece per scendere ma lo fermai "Scappiamo, cazzo".
L'auto era miracolosamente ripartita, ma non avevamo una meta e ci serviva aiuto.Tequila aveva uno strano aggeggio, disse che ci avrebbe portato dagli altri, che saremmo stati al sicuro. Non mi fidavo di quel bastardo, ma non c'era tempo da perdere, dovevo fidarmi di lui. Sfrecciavamo nel deserto veloci come il vento quando lo guardai di traverso e vidi che continuava a fissare una bussola, "Che roba è?" Sorrise.
"Ci tirerà fuori dai guai.Guarda laggiù" In lontananza vidi le sagome di alcune abitazioni e dei furgoni. I nostri. Com'era possibile? Eco era con loro?Quando scendemmo dall'auto, Raven ci venne in contro sorridente e disse che ci aspettavano.Avevamo giusto il tempo per darci una ripulita, saremmo partiti alle prime luci."Dove l'hai presa quella bussola?" "E' un segreto" Tequila era sempre troppo misterioso.
Un bagno caldo,seppur non dei migliori in quelle condizioni,servì a schiarirmi le idee.Se non trovavo Eco, avrei perso la pietra,ma perché avevano preso lei?E da dov'era saltato fuori Tequila?Lui non c'entrava con quella storia.Avrei voluto capirci di più;mentre stavo lì a rimuginare entrò Tequila."Scusa,non sapevo che eri ancora qui".Sorrisi"Certo, come no".Problemi.Li avrei risolti dopo.Ora volevo soltanto lui.
Le cose capitano sempre in fretta.Tequila non fece domande ma io dovevo sapere.Gli chiesi spiegazioni e mi disse che era venuto per me.Sapeva della pietra,sapeva che ero l'unica a poterla custodire,sapeva che sarei morta piuttosto."Chi ti ha dato queste informazioni?Cos'altro sai?""Alice, so tutto".Erano secoli che qualcuno non mi chiamava così.Allora era vero,mio nonno non mentiva.Ero l'unica.L'ultima.Che ironia.
Non risposi.Ripensai ai Custodi,alle storie che giravano sulla pietra.Non ci avevo mai creduto.Diavolo,ero una cacciatrice,una ricercatrice,un agente in missione,ma mi resi improvvisamente conto che in quel modo tornava tutto.Mio nonno,mio padre,tutta la mia vita aveva senso.Beh,tranne che ero sempre sola."Non ti preoccupare.Sono qui per aiutarti".La voce di Tequila suonò lontana,distante,ma sapevo che non mentiva.
Eliot Wood


Cercate il mio Eroe! :D
Se non vi va, pian piano pubblico la storia anche qui!
Ecco i primi capitoli!


Non riuscivo a capire a che punto fossi. La mia vita e la mia strada mi avevano portato fin là. Ma il bello stava per cominciare.

Londra sotto la pioggia sa essere davvero deprimente, se si sta tutto il giorno a leggere chiusi in una bettola che sa di libri e legno. Un bicchiere di porto era quello che ci voleva, ma Eliot aveva finito la bottiglia qualche ora prima. Era l'una e il cliente ancora non si vedeva. 'Ollie mi ha fregato come al solito! Meglio trovare una carrozza e andarmene a letto'. Fece per prendere la giacca, ma poi qualcuno bussò.
La porta si spalancò e Morgan Melville, un ometto grasso e sudaticcio ma molto potente, comparve accompagnato da due scagnozzi. "Il signor Wood, presumo", Eliot annuì, "Che ci fate qui, Melville?" "Non incolpate il vostro amico, Ollie Summer non ci darà fastidio". "Che volete?" "Un libro, signor Wood, ma voi sapete di che parlo, no?" Eliot lo sapeva e sapeva che non aveva scelta, ora che Ollie era morto. "Sì, lo so".
Era ancora notte quando la carrozza si fermò davanti al palazzo. Le finestre illuminate gettavano ombre sinistre sul vicolo buio, da dentro provenivano risate e musica, segno che Madame Vulpes stava gestendo bene gli affari. Fu lei ad aprire la porta, conturbante come sempre. "Sapevo che saresti tornato", disse. "E' pericoloso, ma devo parlarti".Eliot entrò nel bordello, le luci e il chiasso gli sembrarono surreali.
Il racconto era stato breve e concitato, Eliot aveva cominciato dal principio, da quando, tre anni prima, aveva trovato quel libro e rendendosi conto di quanto fosse pericoloso, aveva deciso di liberarsene. Bell sorrise maliziosa:"E invece ecco che ritorna a tormentarti.Che farai?" Eliot guardò Bell, sorrise e rispose: "Andrò a cercarlo. E tu verrai con me". Bell non rispose, ma, accattivante, sorrise a Eliot.
Erano le prime luci dell'alba quando arrivarono alla bottega. Bell aprì la serratura della porta sul retro. "Non hai perso il tocco, eh?" Eliot sorrise. Dentro era buio ma dal caos che s'intravedeva intorno si capiva che qualcuno era già stato lì. "Eliot, sei tu?" LA voce nel buio era quella di Ron Weavery."L'hanno preso. Hanno preso il libro". Eliot aveva perso un'altro amico e, forse, l'ultima speranza di salvare la pelle.
Ollie era morto. Ron era morto.Il libro sparito. Dovevano chiamare la polizia. Dovevano sparire. Trovare il libro. Eliot se ne stava seduto a terra, tra le carte insanguinate dell'amico. Tutto sembrava perso, avrebbero incriminato loro due. Aprì gli occhi e all'improvviso notò un foglietto spuntare dalla tasca della giacca di Ron. Lo prese e lesse un indirizzo e un nome: "L'Oca Spiumata. Joel". Non era molto, ma era già qualcosa.
East End. L'Oca si trovava vicino a Whitechapel. Non era sicuro andarci, di recente qualcuno si divertiva ad ammazzare le prostitute della zona e Bell, che aveva un'amica da quelle parti, diede le indicazioni a Eliot e se ne restò a casa. Eliot aspettò l'ora di chiusura per parlare con Joel. Quando lo vide, Joel intuì subito chi fosse. "So come aiutarti, ma ci servirà un pò di magia.Seguimi". Eliot annuì e incrociò le dita.
La stanza di Joel era piccola e disordinata,ovunque c'erano libri e strani contenitori.Eliot decise di non domandarsi a cosa servissero nè cosa sarebbe successo,si sedette e basta,come gli era stato chiesto di fare.A quel punto non aveva alternative,doveva sperare in Joel.Chiuse gli occhi e non vide niente poi,non appena trangugiò l'intruglio preparato da Joel,tutto sembrò più chiaro ed Eliot finalmente sorrise.
La voce di Joel lo guidava in quella sorta di trance;Eliot non era sicuro di cosa stesse accadendo.Vide una porta,una botola,vide se stesso salire su una carrozza con Bell.Era buio e Londra sembrava ancora più inquietante.Poi vide il libro,tra le sue mani,chiuso.Fu allora che un'altra voce prevalse su quella di Joel e gli parlò "Ce la farai, Eliot.So che puoi".Eliot si svegliò di soprassalto "Sono io,soltanto io".
Eliot non sapeva ancora dove cercare il libro,ma parlare con Joel gli aveva fatto bene.C'era qualcosa di magico e inquietante in quel tipo.Uscì dalla stanza con un biglietto,un indirizzo a Londra,e la consapevolezza che le cose sarebbero cambiate;finalmente aveva capito quanto fosse importante trovare quel vecchio volume e leggerlo.Eppure,quando salì sulla carrozza,gli sembrò di vedere qualcuno,una figura nell'ombra.
Quando arrivò a casa,Bell andò in contro a Eliot preoccupata.Luinon ci mise molto a raccontarle tutto."E credi che questo collezionista sia la chiave di tutto?"Eliot non rispose."Beh,allora forza, dobbiamo andare a parlarci.""Tu non vieni, Bell.E' pericoloso."Lei sorrise,prese una borsa,del denaro e si mise il cappotto."Tesoro,avanti o lo troveremo stecchito come gli altri."Eliot fu contento di averla al suo fianco.
McFey era vecchio, talmente tanto che qualcuno lo considerava leggendario.Era il più grande collezionista di libri di tutta l'Inghilterra ed Eliot aveva sempre desiderato conoscerlo,ma ora,mentre fissava il portone della villa,aveva paura.Paura di trovarlo morto,paura di non ritrovare il libro,paura di scoprire segreti a lungo taciuti.Il domestico aprì e li fece entrare dicendo "Il padrone vi attendeva da tempo,prego"

giovedì 4 febbraio 2010

Il dipinto nascosto

Era una mattina come le altre, sveglia alle 7, di corsa a scuola; 5 ore di lezione che sembrano non finire mai, i compagni che non sopporti, quelli che non vedi l'ora d'incontrare in corridoio o nella calca della ricreazione, giù in cortile, col freddo invernale che si presenta a tutti in nuvole sospese sui nostri pensieri.
La giornata era grigia, malinconica come c'era da aspettarsi, ma d'altronde non poteva che essere così, chiusi in quelle mura che avevano ospitato tanti ragazzi, tante storie, e che ci nascondevano sempre e comunque qualcosa, col loro passato religioso da convento.
E. pensava che quando c'erano giornate del genere, beh, forse era perché anche loro s'erano svegliate con la luna storta, magari erano semplicemente stanche di sorridere...magari la guardavano e si sentivano un po' come lei, condividendo pensieri cupi che - l'avrebbe scoperto anni dopo - sarebbero spariti come le orme sulla rena della spiaggia.
Non c'era un motivo preciso, o forse erano tanti, piccoli ticchettii che insieme costituivano un fastidioso rumore nei suoi pensieri, comunque E. pensava a mondi alternativi, li creava, li ammirava e li cancellava per dare sfogo alla rabbia e alla fantasia. L'equilibrio era difficile da trovare e ci sarebbe voluto del tempo.
Le persone, i visi, i gesti, sembravano scivolare come foglie che cadono dall'albero; le cose non avevano un senso apparente, erano più che altro qualcosa da osservare ed E. si sentiva avvolta da un tempo immobile, in cui le piaceva accoccolarsi e prendersi una pausa.
Quella mattina, però, cambiò una piccola cosa.
Minuscola, ma bella.
Era in classe, a lezione; leggevano The Love song of J. Alfred Prufrock.
La poesia è una creatura strana, ha mille forme e mille idee, intenti e modi che difficilmente si comprendono e si possono condividere, è qualcosa di potente e fragile insieme, un camaleonte che posandosi tra le nostre mani muta colore da persona a persona. E. non sapeva come o cosa significasse leggere e scrivere poesia, ma era come un colpo di fulmine, una folgorazione dolorosa e liberatoria, un grido dalle vette più alte dell'immaginazione, una corsa a perdifiato in mondi nuovi, bellissimi. Ti portava oltre te stesso e ritorno.
E quando tornavi, tutto cambiava.
Lo sguardo le cadde sul libro, noioso come tutti i libri di scuola.
Le parole erano lì, piatte, stampate su una pagina di seconda mano. Buffo.
La poesia era "vecchia" e in più apparteneva a qualcun'altro. Eppure E. capì che non era così.
Quelle parole non erano affatto vecchie, nè di seconda mano, appartenevano al tempo, alla storia ai nostri occhi... vivevano e pulsavano di una forza interna, erano qualcosa di ineffabile.
Poi le strade, i caffé, i ristoranti, e quelle donne, quella notte, i fumi gialli della città... tutto prese corpo, cominciò a muoversi e la poesia si tramutò in un quadro vivo, vivente, nascosto.
Fu allora che E. si rese conto di essere nata per quello.
Fu allora che le giornate non le sembrarono più grigie, ma assunsero colori diversi, sfumature di grigio, piuttosto.
E. abbracciò il suo dipinto nascosto e volò via, oltre i muri, i fili delle radio, dietro le nuvole.


The Love song of J. Alfred Prufrock

S'io credesse che mia risposta fosse
A persona che mai tornasse al mondo,
Questa fiamma staria senza piu scosse.
Ma perciocche giammai di questo fondo
Non torno vivo alcun, s'i'odo il vero,
Senza tema d'infamia ti rispondo.

Let us go then, you and I,
When the evening is spread out against the sky
Like a patient etherised upon a table;
Let us go, through certain half-deserted streets,
The muttering retreats
Of restless nights in one-night cheap hotels
And sawdust restaurants with oyster-shells:
Streets that follow like tedious argument
Of insidious intent
To lead you to a overwhelming question...
Oh, do not ask, "What is it?"
Let us go and make our visit.

In the room the women come and go
Tarlking of Michelangelo.

The yellow fog that rubs its back upon the window-panes,
The yellow smoke that rubs its muzzle on the window-panes,
Licked its tongue into the corners od the evening,
Lingered upon the pools that stand in drains,
Let fall upon its back the soot that falls from chimneys,
Slipped by terrace, made sudden leap,
And seeing that it was soft October night,
Curled once about the house, and I fell asleep.

And indeed there will be time
For the yellow smoke that slides along the street,
Rubbing its back upon the windod-panes; The will be time, there will be time
To prepare a face to meet the faces that you meet;
The will be time to murder and create,
And time for all the works and days of hands
That lift and drop a question on your plate;
Time for you and time for me,
And time yt for a hundred indecisions,
And for a hundred visions and revisions,
Before the taking of a toast and tea.

In the room the women come and go
Talking of Michelangelo.

And indeed there will be time
To wonder, "Do I dare?" and, "Do I dare?"
Time to turn back and descend the stairs,
With a bald spot in the middle of the hair -
(They will say: "How his hair is growing thin!")
My morning coat, my collar mounting firmly to the chin,
My necktie rich and modest, but assert by a simple pin -
(The will say: "But how his arms and legs are thin!")
Do I dare
Disturb the universe?
In a minute there is time
For decisions and revisions which a minute will reverse.

......