lunedì 31 gennaio 2011
mercoledì 26 gennaio 2011
Molto si è scritto e molte sono le voci che la dipingono come una spietata sanguinaria, dedita alla magia nera e al puro sadismo. A lei sono stati dedicati libri, film e persino canzoni, al punto che questa donna, vissuta tra la fine del ‘500 e il primo decennio del
Ed è proprio questa voce che Rebecca Johns sceglie di farci sentire: è alla Erzsébet donna, moglie, amante e madre che la scrittrice decide di lasciare spazio, per farla entrare nel nostro mondo e, forse, per farci capire qualcosa che di lei ancora non è stato detto.
La voce di Erzsébet risuona pacata e allo stesso tempo forte, sincera, in quelle che sono pagine crude ma vere, nella rappresentazione dei sentimenti di una donna che non è solo leggendaria, ma che è stata anche vera e, soprattutto, viva. La sua è una storia tragica sotto molti aspetti, ma se vi aspettate un bagno di sangue e follia allora chiudete questo libro. Non cataloghiamo questo romanzo con l’etichetta di horror, perché Rebecca Johns ci mette molto di più. Tra le righe traspare la vita di un’anima spezzata, di una donna che deve lottare per vivere, per accettare la vita che le è capitata, per accettare i suoi cambiamenti, scoprendo molto lungo il cammino.
Cammino costellato di scoperte: su sé stessa, sull’amore, sull’odio e sul potere. La narrazione è ricca di dettagli e personaggi così vividi che sembrano respirare, sembrano sussurrarci che questa donna è molto più che un personaggio letterario e che, pian piano, ci entrerà letteralmente sotto pelle.
In queste pagine si percepisce anche una bella cornice storica che fa da contorno al microcosmo mentale e fisico della Contessa, contribuendo così a restituire al lettore un’idea forse non troppo originale, ma di certo pulsante e, forse, più vera delle molte dicerie che tutt’oggi circolano sulla Contessa Bathory.
Rebecca Johns, dunque, ci regala un nuovo spaccato sulla Contessa Bathory, ci fa riscoprire il personaggio usando una nuova chiave di lettura e dandole una voce assolutamente viva.
Perché leggerlo? Semplice: perché non saprete scollarvelo di dosso.
venerdì 14 gennaio 2011
Tim Lucas (30 maggio 1956).
Nato a Norwood, Ohio, trascorre parte della sua infanzia girando per le case dei parenti e vedendo la madre, vedova, solo nei weekend. Dopo aver pubblicato piccole cose, ancora giovanissimo diventa critico cinematografico e cartoonist per il giornale della Norwood High School, The Mirror. Comincia a scrivere seriamente all’età di quindici anni, quando le sue prime recensioni vengono pubblicate dalla rivista Cinefantastique. Per i dieci anni successivi quella resta la sua strada.
Sebbene non arrivi al diploma, nell’autunno del 1981 pubblica un saggio sulla rivista universitaria della Purdue University,
Nel 1984 collabora con la rivista Video Times e inventa, per così dire, un nuovo modo di recensire i video, in particolare i cosiddetti “home video”. Focalizza l’attenzione su come i video vengono trattati dai nuovi mezzi di diffusione; col suo lavoro si guadagna la fiducia dell’editore della rivista che gli commissiona una serie di dodici libri-guida sui video, pubblicati poi da Signet Books nell’estate del 1985. Scrive le introduzioni di ogni volume: Movie Classics, Horror, Science Fiction & Fantasy e Mistery & Suspense le principali. I libri costituiscono la sua prima pubblicazione come autore, anche se verranno accreditati agli “Editore di Video Times”.
Nell’ottobre del 1985, Video Times pubblica la prima rubrica fissa di Lucas, Video Watchdog, che troverà poi spazio sull’Overview di Michael Nesmith, e sulle pagine di Fangoria, Gorezone, dove comparirà regolarmente dal 1988 al 1992. Dei suoi molti interventi verrà fatta una raccolta: The Video Watchdog Book (1992).
Nel giugno del 1990, Lucas lancia Video Watchdog come una rivista separata, diventando oggetto di culto per cineasti, registi e critici. Dal 2002 al 2006 la rivista vince il Rondo Hatton Classic Horror Award come Miglior Rivista.