martedì 9 ottobre 2007

Fili d'Erba


Ancora pochi passi e sarebbe arrivato al punto più alto del promontorio.
Colin, sigaretta tra le labbra, giacca in spalla, procedeva lento su per la salita.
Il panorama, già da qualche minuto, s'era fatto più ampio e si poteva vedere la città in lontananza. C'era ancora luce, nonostante fosse pomeriggio inoltrato.
Mentre saliva, aveva incrociato una famigliola che stava invece scendendo, per tornare alla macchina. Colin pensò a quale tipo di casa potessero avere, sicuramente una villetta in uno di quei quartieri con le villette a schiera color mattone e la porta in legno verniciata di verde. Per un attimo, incrociando gli occhi del padre di famiglia, un signore giovane sui 35 40 anni, si sentì sollevato di non aver nessuno a cui pensare.
Adesso, ne era certo, il promontorio era tutto per lui, il paesaggio non lo avrebbe condiviso con nessun altro.

Aveva parcheggiato la macchina non troppo lontano e di proposito, visto che non era un posto molto frequentato a quell'ora, aveva lasciato i finestrini aperti e la radio accesa, così da poterla sentire una volta arrivato in cima. Adesso lo speaker raccontava di un nuovo ristorante molto chic aperto la settimana prima.
Mancavano ancora pochi metri.

La vista da lì era splendida, ora il cielo sembrava rame lavorato e dipinto a mano a tinte calde, rosa, rosso, e poi, laggiù, la città.
Somebody to love ruggeva dal finestrino della radio, espandendosi nell'aria.
Colin sentiva come una voce fantasma aleggiare intorno a lui.
'Qualcuno da amare', pensò. Qualcuno.
Già, ma chi? E soprattutto, perchè amare qualcuno che prima o poi sparira come spariscono e finiscono tutte le cose belle?

Era arrivato il momento.

Colin accese la sigaretta.
Ride the wild wind echeggiò con l'alzarsi della brezza fresca delle cinque di pomeriggio.
'Questa volta', pensò, 'Questa volta sono pronto, ce la farò.'

Passò distrattamente una mano tra i fili d'erba, annusò l'odore delle dita sporche di terra bagnata, annusò l'aria, si riempì i polmoni col fumo e lo sbuffò fuori facendo un cerchio piccolo ma perfettamente formato.

Mentre il sole calava, Colin stava sdraiato nel campo, a guardare le ente nuvole muoversi in una corsa millenaria.
La lettera sgusciò fuori dalla tasca della giacca, insieme alla pistola, un ferrovecchio di cui non sapeva nemmeno il nome, il tipo.
Si ricordò di quando col fratello lo trovarono nel campo del nonno, sotterrato vicino a un albero.

Allungò una mano e prese il ferro gelido al tatto.
Gelo.
Era la sensazione giusta.
Una morte rapida e gelida, in un nido caldo e pacifico, eterno.

Spenta la sigaretta, Colin bruciò una fotografia vecchia, quasi del tutto sbiadita; infilò per bene la lettera nella tasca della giacca, si alzò in piedi.

Il sole era quasi sparito ormai, e le luci della città stavano pian piano offuscando le stelle che di lì a poco sarebbero comparse in cielo.

Era libero ora.
Felice.
E il momento era finalmente arrivato.

Strappò una manciata di fili d'erba, li guardò e poi se li infilò in bocca, pensando 'Il mio ultimo pasto, la terra. Grazie.'

Bang.

3 commenti:

Riccardo Torti ha detto...

Benvenuta su internet!!!

buona fortuna ^^

Ele ha detto...

eheheh bhe, vediamo come va!

grazie :P

Ele ha detto...

ah, e grazie per l'illustrazione!

:)